Investment Institute
Outlook Annuale

No Recession, no duration


L’effetto “sorpresa macro” ha caratterizzato gli ultimi 24 mesi. La narrazione degli operatori di mercato è passata attraverso le insidie della recessione – largamente attesa per il 2023 – per poi sfociare in uno scenario attuale che assomiglia più al no landing che a un meno precisato soft landing.


Più precisamente, il consenso degli economisti prevedeva una crescita del PIL USA di appena 0.3% per il 2023, anno in cui invece la crescita fu molto sostenuta (2.9%). Stessa storia nel 2024, con previsioni molto contenute a inizio anno (1.3%) e un risultato molto positivo al 31 dicembre (2.7%). Nel 2025 verrà a mancare questo effetto sorpresa – le stime di crescita sono già a 2.1% - ma l’economia USA rimane comunque solida e soprattutto con un tasso di crescita del PIL più veloce del cosiddetto potenziale (cioè la crescita che si può raggiungere quando tutti i fattori di produzione sono impiegati efficientemente). 


Non mancherà una discussione animata sul profilo di inflazione che ancora preoccupa sia gli investitori che i banchieri centrali. In particolare, è l’inflazione “sottostante” a presentare caratteristiche di persistenza che non si sposano con il concetto di stabilità dei prezzi. Non possiamo inoltre escludere ulteriori shock dalle materie prime. Attenzione quindi alle dinamiche del petrolio e dei beni alimentari. 


I mercati finanziari del 2024 hanno chiaramente ripreso questo divario tra aspettative e realtà con una performance azionaria ancora una volta molto positiva (17%) e un risultato meno soddisfacente sul comparto obbligazionario (-1.7%). È necessario però fare una precisazione, quando parliamo di obbligazioni. 


Il termine “obbligazioni” definisce una vasta ecologia di strumenti finanziari che non sempre generano rendimenti uniformi per gli investitori. Guardiamo per esempio al 2024, anno in cui le obbligazioni governative globali hanno perso il 3.6% in dollari, mentre le obbligazioni high yield hanno guadagnato il 9.2%. Stessa cosa si potrebbe dire dell’impatto della duration sulla curva dei tassi: La carta governativa americana a un mese ha guadagnato il 5.2% in dollari, mentre quella con scadenza a più di venti anni ha perso addirittura l’otto percento nel 2024. 


In ottica futura teniamo quindi in considerazione non solo l’effetto della duration, del rischio di credito e di valuta, ma anche la traiettoria di politica monetaria. Quest’ultimo si è rivelato un fattore chiave nella costruzione di portafogli obbligazionari, in particolare durante il periodo di Quantitative Easing. Potrebbe rivelarsi nuovamente come fattore cruciale per la performance anche in un prossimo futuro, in uno scenario di divergenza tra la BCE e la Federal Reserve. Nelle nostre stime per il 2025, prevediamo un solo taglio da 25 punti base da parte di Powell & Co, mentre la BCE potrebbe dover abbassare il costo del denaro di altri 125 punti base. 


A nostro avviso saranno due i motori di performance obbligazionaria nell’anno nuovo:

  1. La gestione relativamente contenuta della duration, con un profilo difensivo sulle obbligazioni americane e qualche spiraglio di ottimismo su quelle europee,
  2. La gestione propensa ad assumersi il rischio di credito, anche high yield, soprattutto sul mercato americano, corroborata sia dall’analisi macro che da quella dei bilanci aziendali. 

Sul lato azionario, rimaniamo affezionati della tematica dominante: La rivoluzione tecnologica dell’Intelligenza Artificiale. Comprensibilmente, non possiamo dire con certezza se questa nuova tecnologia ci accompagnerà anche nel medio-lungo periodo oppure se verrà rimpiazzata da qualcosa di innovativo. Abbiamo però due informazioni che aumentano il nostro livello di convinzione: 1) Gli investitori stanno scommettendo pesantemente su questa rivoluzione tecnologica, 2) L’ultima rivoluzione a cui abbiamo assistito – quella del PC e di Internet – ha aumentato significativamente la produttività e la crescita potenziale dell’economia USA. Il risultato furono cinque anni tra il 1995 e il ’99 con performance di >20% sull’indice S&P500. Anche le valutazioni globali riflettono la rivoluzione tecnologica in atto: Da un lato l’S&P500 che scambia a 24x gli utili, dall’altro l’indice Stoxx600 che rimane molto indietro con un P/E di appena 14x. D’altronde, il rapporto di Mario Draghi sulla competitività mette a nudo i ritardi dell’Unione Europea…


Quali sono i rischi per gli investitori? In un contesto di continua normalizzazione degli eccessi relativi al periodo di Quantitative Easing guardiamo non senza preoccupazioni all’aumento del debito pubblico – per non usare il termine “inflazione di debito” – che potrebbe riservarci tassi di interesse più alti anche in un futuro non troppo lontano. Non ultima, va rivalutata la resilienza dell’economia statunitense in un contesto di inflazione persistente nonché di potenziale cambiamento degli assetti geopolitici. Il ruolo assegnato alla Fed potrebbe richiedere una “mano” più ferma di quei 25 punti base di tagli attualmente scontati dai mercati.

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