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I NFT: cosa sono, come funzionano e a cosa fare attenzione


Si chiamano Non Fungible Tokens, servono a certificare la proprietà di un’opera digitale e sono diventati una moda come le criptovalute, soprattutto tra le celebrities. Ecco una guida per conoscerli meglio

Si chiamano “Non Fungible Tokens” (NFT), e quanto a eccessi sembrano usciti dalla bolla tecnologica di fine millennio. Un mercato che valeva appena 100 milioni di dollari nel 2020 è arrivato a toccare 23mila milioni l’anno scorso, secondo i dati di Dapp Radar. OpenSea, il più famoso marketplace di NFT, sei mesi fa veniva valutato 1,5 miliardi di dollari e oggi ha superato i 13 miliardi. Campioni come il sei volte Pallone d’Oro Leo Messi o Wayne Rooney, rapper come Jay Z o Snoop Dogg, stelle di Hollywood come Quentin Tarantino, Matt Damon o Gwyneth Paltrow, brand globali come Coca-Cola, Adidas, Nike e Gucci: tutti stanno accalcandosi sul carro dorato dei “Non Fungible Tokens”, la cripto-moda del 2022. Ma di cosa si tratta esattamente?

 

Cosa sono

I NFT sono una tipologia speciale di token crittografici che certificano l’autenticità e la proprietà di un’opera digitale. Sono generati attraverso la blockchain, ovvero il registro distribuito di dati dove vengono registrate le transazioni di un bene digitale.

Sono definiti “non fungibili” perché si tratta di pezzi unici che non possono essere sostituiti o replicati come avviene con altri token, per esempio le criptovalute. In parole semplici, quindi, gli NFT sono dei certificati di proprietà di una qualsiasi opera digitale (da un disegno a una foto, da un brano musicale alla sceneggiatura di un film): la blockchain garantisce la tracciabilità di acquisti e vendite, “certificando” la proprietà di ogni NFT.

 

Fonte: DappRadar

 

Chi li ha inventati e perché

Il primo NFT della storia si chiama “Quantum”: è un semplice ottagono creato da Kevin McCoy e Anil Dash nel maggio del 2014. E’ stato venduto a quattro dollari, ora ne vale sette milioni. L’idea alla base dei Non Fungible Token è nobile: cercare di risolvere il problema della “stolen art”, della duplicazione illegittima delle opere digitali, creando grazie alla blockchain qualcosa che non possa essere copiato (a differenza dei normali file). Chi acquista un NFT, infatti, sa che sarà l'unico possessore di quella creazione grazie all’uso della blockchain, il “registro” che garantisce la tracciabilità degli acquisti e vendite, con la storia di ogni singolo token che non è possibile cancellare o modificare.

 

Come si creano e si acquistano

I Non Fungible Token vengono venduti su marketplace come OpenSea, Coinbase, Binance o Solanart. Creare un NFT non è un’operazione alla portata di tutti, ma non rappresenta nemmeno una sfida impossibile: per esempio su OpenSea basta avere un wallet Ethereum e un account MetaMask, Coinbase Wallet o Fortmatic, con le loro estensioni browser.

Dare vita a un NFT comporta però dei costi: la maggiore parte delle piattaforme richiede la cosiddetta “tassa del gas” per remunerare i “miner”, ovvero gli operatori che verificano le transazioni con la loro potenza di calcolo (consumando molta energia). Poi ci sono le eventuali commissioni di apertura del wallet e quelle di vendita. OpenSea permette di posticipare la creazione del NFT fino al momento dell’acquisto: in questo modo non si pagano “tasse del gas” prima di aver venduto l’opera.

 

I settori dove prosperano

In ambito artistico i NFT oggi vanno per la maggiore, in particolare su piattaforme come SuperRare o Rarible, particolarmente apprezzate da designer e digital artists. Alcune opere sono state vendute a cifre impressionanti. Per esempio, "Merge", un NFT del digital artist Pak, è passata di mano per 91,8 milioni di dollari, oppure “Everydays: the First 5000 Days”, di Mike Winkelmann (meglio conosciuto come Beeple), l’anno scorso è stata venduta per 69,3 milioni di dollari.

Anche nell’industria dei videogame i NFT stanno decollando. Vengono usati per creare singoli elementi di un videogioco da mettere in vendita, per poi essere controllati direttamente dal proprietario e non dallo sviluppatore del gioco. In questo modo i creatori dei videogame possono guadagnare direttamente dai loro prodotti, senza passare dalle software house. Tale modello (chiamato “play-to-earn”) è stato però anche criticato, perché lo storytelling del videogioco si focalizzerebbe troppo sull’aspetto commerciale e poco su quello di puro diventimento.

 

Criticità e rischi

Ma veniamo ai lati oscuri della febbre da NFT. In primo luogo, la creazione e il mantenimento dei Non Fungible Token è nemica dell’ambiente perché parecchio energivora, esattamente come le criptovalute: questo spiega perché diversi artisti abbiano deciso di tenersene alla larga. Poi ci sono le commissioni delle piattaforme di negoziazione, spesso molto alte.

C’è poi il moltiplicarsi delle truffe vere e proprie. La più comune è la riproduzione digitale di un’opera senza il permesso dell’autore o di chi ne detiene i diritti. Un caso da manuale è la causa finita in un tribunale della California tra Quentin Tarantino e la casa di produzione Miramax: il duello legale è nato dall’ipotesi di vendere come NFT la sceneggiatura originale di Pulp Fiction, sulla quale entrambi sono convinti di poter vantare dei diritti.

Si sono verificati anche furti di identità dei venditori, con la sottrazione delle chiavi di crittografia private. E persino casi di riciclaggio di criptovalute di provenienza illecita, utilizzate per l’acquisto di NFT. Nel mercato dei Non Fungible Token le regole sono poche e vengono spesso ignorate. Il “Saturday Night Live”, celebre show comico in onda negli Stati Uniti da quasi mezzo secolo, ha irriso questa moda e le celebrities che l’hanno abbracciata in un’intera puntata (che poi, ironia della sorte, è stata trasformata in NFT e venduta per 365mila dollari su OpenSea). Morale: chi si avventura in questo Far West pieno di eccessi deve essere consapevole dei rischi che corre.

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