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Open Innovation: cos’è e perché è così importante per il nostro futuro


Le aziende non sono più “isole”: la pandemia ha fatto decollare il modello dell’innovazione aperta, dove si uniscono le forze di imprese, università, centri di ricerca, studi di consulenza e freelance. Ecco come funziona

Hanno unito le forze. Travolte dalla pandemia e dalla crisi economica, imprese, startup, università e centri di ricerca sono ricorsi all’open innovation per creare valore attraverso la collaborazione e la condivisione di idee. “Innovation comes from everywhere”, del resto, è da tempi non sospetti uno dei comandamenti di Google: l’innovazione arriva da tutte le parti, e non a caso il colosso di Mountain View anno dopo anno ha acquisito le startup più promettenti o le ha finanziate con Google Ventures.

Ma è con la pandemia che l’“innovazione aperta” è decollata con forza. Qualche esempio? Il colosso tedesco Siemens che apre le porte del suo Additive Manufacturing Network a chiunque voglia produrre nuove attrezzature mediche. Il costruttore svedese di camion Scania che manda i suoi migliori tecnici dal produttore di dispositivi sanitari Getinge per accelerare la produzione di ventilatori. Ford che spedisce ingegneri e designer ad aiutare GE Healthcare per sviluppare soluzioni innovative contro il virus. E in Italia la startup bresciana Isinnova che in poche ore progetta e realizza con stampanti 3D maschere e valvole destinate alle terapie intensive per aiutare in piena emergenza Covid l’Ospedale di Chiari, “trasformando” le maschere da snorkeling di Decathlon in respiratori sanitari. Di più: l’azienda bresciana subito dopo rilascia gratis disegno e brevetto, a patto che non vengano usati a scopo di lucro, portando all’adozione dell’idea di Isinnova in tutto il mondo.

Ripensare le aziende, accedere alle novità

Come per lo smart working o la digitalizzazione della scuola, la pandemia ha insomma rappresentato un formidabile acceleratore di un trend esistente da decenni, aprendo la ricerca e lo sviluppo delle singole aziende a nuovi partner per moltiplicare i sentieri dell’innovazione e della creazione di nuovi business. Ma che cos’è esattamente l’open innovation e come funziona?

E’ stato l’economista statunitense Henry Chesbrough a coniare questo termine nel suo volume “Open Innovation: The New Imperative for Creating and Profiting from Technology”, pubblicato nel 2003 dalla Harvard Business School Press. Secondo Chesbrough, l’open innovation è un “modello di innovazione distribuita che coinvolge afflussi e deflussi di conoscenza gestiti in modo mirato tra i confini dell’organizzazione”: in pratica è un nuovo paradigma nel quale l’impresa - anziché chiudersi in sé stessa - ricorre a idee, risorse e competenze esterne con l’obiettivo di generare innovazione.

L’open innovation è importante anche perché aiuta a ripensare le aziende. Adottare questo modello, infatti, significa poter accedere alle novità disponibili sul mercato, integrandole con le proprie strategie di business, ma anche rimettere in discussione processi aziendali e profili professionali.

Spesso questo percorso di “apertura al mondo” si declina in una sinergia “win-win” tra aziende tradizionali e startup, portando alle prime idee innovative e alle seconde mezzi e finanziamenti. Il meccanismo quindi migliora la competitività di ecosistemi complessi fatti di grandi imprese, piccole startup, università, centri di ricerca, società di consulenza e così via.

Fonte: Osservatorio su Open Innovation e Corporate Venture Capital italiano

I vantaggi e i timori

Vediamo ora quali sono i principali strumenti dell’“innovazione aperta”. Innanzitutto abbiamo le varie “call for ideas”, aperte a tutti, che in alcuni casi prendono la forma di “hackathon”, ovvero gare nelle quali si cimentano sviluppatori e programmatori a caccia di soluzioni digitali innovative (di solito in un lasso di tempo circoscritto). Alcune grandi aziende, inoltre, creano incubatori o acceleratori direttamente nei loro uffici, per sviluppare le startup più promettenti, o mettono in piedi partnership di vario tipo con altre imprese, università o centri di ricerca. Non mancano le acquisizioni. Last but not least, una versione particolarmente evoluta dell’open innovation è la piattaforma, nelle quale vengono integrati i contributi di tutti gli stakeholder, compresi clienti finali e consumatori.

I vantaggi dell’open innovation sono evidenti in particolare durante momenti difficili come quello della pandemia, come hanno sottolineato Linus Dahlander (docente alla European School of Management and Technology di Berlino e responsabile dell’innovazione in Lufthansa) e Martin Wallin (docente all’Università Chalmers di Goteborg) in un’interessante analisi pubblicata sulla Harvard Business Review. Restano però anche alcune storiche diffidenze nei confronti di questo modello: timori sul fronte della proprietà intellettuale, in particolare nell’industria chimica, o scetticismo sui ritorni economici degli investimenti.

Ma la pandemia ha aiutato a vincere molte di queste resistenze, sottolineano Dahlander e Wallin: ha messo tutto il mondo davanti a una crisi senza precedenti che richiede da parte delle imprese risposte rapide, innovative e soprattutto coordinate. Ecco perché tanti attori dell’innovazione hanno unito le forze proprio nel momento più buio della crisi, scoprendo percorsi nuovi - e sorprendenti - di creazione di valore.

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