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Investment strategy maggio: Stanchi della saga delle banche centrali? Il settore tech resta interessante

  • 30 Maggio 2024 (10 min di lettura)
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Sulla base degli ultimi dati appare più plausibile che la Federal Reserve inizi a tagliare i tassi a settembre, tre mesi dopo la BCE.
Non crediamo che ci voglia un hard landing per riportare l’inflazione entro il target negli Stati Uniti, e questa è una buona notizia per i mercati.
Lo scenario macroeconomico favorisce gli strumenti più esposti al rischio.
Dopo la pubblicazione degli utili del 1° trimestre, il tema della tecnologia continua a essere molto interessante.
È importante comprendere i cambiamenti sociali per saper scegliere i titoli in cui investire.

Potrebbe volerci meno del previsto

Considerato che gli interventi della Federal Reserve dipendono esplicitamente dai dati, non ci sorprende che le aspettative del mercato sull’orientamento della politica monetaria cambino da un giorno all’altro. 
Nel corso del mese il mercato è passato dalla previsione di un primo taglio dei tassi da parte della Fed a settembre con una probabilità del 50% a una probabilità di quasi il 100% (il 15 del mese), per poi ritornare a una probabilità del 50%.

Le dinamiche che hanno influenzato tali aspettative sono molteplici. L’indice dei prezzi al consumo core (CPI) di aprile pubblicato il 15 maggio è risultato, una volta tanto, in linea con le aspettative del mercato e in calo su base annua (dal 3,8% di marzo al 3,6%). Ciò conferma una traiettoria di rallentamento che si era fermata a febbraio, ed è tornata sui minimi da aprile 2021. Sarebbe certamente sbagliato allontanare le preoccupazioni sull’andamento dell’inflazione negli Stati Uniti solamente sulla scorta di una buona notizia in un mese soltanto. Il CPI core aveva già frenato dopo l’accelerazione di dicembre che è stata di breve durata. Alcuni funzionari della Fed hanno invitato alla prudenza e il verbale dell’incontro appare ancora orientato alla stretta. Chiaramente ciò ha raffreddato gli entusiasmi del mercato.

C’è indubbiamente la tentazione di interpretare il miglioramento del dato di aprile sulla scorta dei segnali meno positivi per l’economia reale americana. Le vendite al dettaglio di aprile sono state deludenti. Ad aprile il “gruppo di controllo” (la versione delle vendite al dettaglio più vicino al concetto dei consumi personali aggregati dei conti pubblici) è sceso dello 0,1% rispetto alle previsioni di consensus che indicavano un aumento dello 0,2%. Ciò sembra confermare la crescente preoccupazione delle famiglie che si riflette nella scarsa fiducia dei consumatori riportata il 10 maggio. Persino gli investimenti residenziali (un fattore che stranamente ha sostenuto l’economia americana di recente) mostrano segnali di debolezza. I permessi di costruzione ad aprile sono diminuiti del 3%, dopo aver perso il 5% a marzo, mentre la fiducia delle società di costruzione a maggio è diminuita per la prima volta in 6 mesi. Finora l’assenza di turnover nel mercato degli immobili esistenti, dovuta al fatto che le famiglie sono riluttanti a perdere il vantaggio di mutui ipotecari con un basso tasso di interesse che hanno sottoscritto diversi anni fa, ha trainato il mercato delle nuove costruzioni, ma anche in questo segmento alla fine hanno pesato i tassi ipotecari oltre il 7%.

Ciò non significa che gli Stati Uniti si trovano sull’orlo di una recessione. Gli investimenti non residenziali resistono, anche grazie agli ordini di beni durevoli di aprile poiché la politica industriale, in particolare la legge CHIPS sui semiconduttori (Creating Helpful Incentives to Produce Semiconductors) e la legge per la riduzione dell’inflazione, continuano a favorire gli investimenti fissi da parte delle imprese americane, seppur a ritmi di crescita più lenti, e ciò dovrebbe contribuire a rallentare l’inflazione.

Abbiamo sviluppato un semplice modello facendo riferimento alla Curva di Phillips aumentata per capire fino a che punto il mercato del lavoro dovrebbe deteriorarsi per riportare l’inflazione al 2%. Secondo noi, basterebbe un aumento del 3% del “tasso di sottoccupazione”, che somma ai disoccupati i lavoratori sottoutilizzati. Ciò è in linea con le rilevazioni effettuate durante la breve recessione del 2001, quando il Pil USA era sceso per meno di due trimestri di seguito (che è il livello minimo per dichiarare una recessione in Europa). Inoltre, crediamo che tale modello sovrastimerebbe la portata del rallentamento economico necessario. Le aspettative sui prezzi al consumo verosimilmente diminuirebbero col deteriorarsi del mercato del lavoro. Inoltre, ci sono ancora dei fattori idiosincratici che fanno salire l’inflazione, per esempio canoni di locazione e assicurazione auto, che dovrebbero poi scomparire indipendentemente dallo stato in cui si trova quest’anno l’economia reale. Crediamo che la Federal Reserve sarà in grado di tagliare i tassi entro settembre, anche in assenza di un “hard landing”.

Mentre la Fed continua a rifiutarsi di fissare una data precisa, il taglio dei tassi della Banca centrale europea (BCE) a giugno sembra ormai cosa fatta secondo i membri del Consiglio direttivo, anche secondo i funzionari più favorevoli alla stretta. Ora si discute infatti dei ritmi dell’allentamento dopo giugno. Anche se l’economia dell’Eurozona si è stabilizzata, tre tagli dei tassi di 25 p.b. quest’anno sono ancora il nostro scenario di base.

Niente di nuovo

L’evoluzione delle aspettative di politica monetaria ha praticamente determinato l’andamento dei titoli più sensibili all’andamento dei tassi di interesse nel 2024. Oggi si prevedono meno tagli ai tassi rispetto all’inizio di quest’anno, per cui gli strumenti a più lunga duration (ovvero più sensibili ai tassi) hanno riportato performance inferiori. Nel frattempo, la tenuta della crescita e gli utili societari hanno consentito una performance migliore degli strumenti più sensibili all’andamento degli utili. Relativamente all’andamento dei mercati del reddito fisso, le migliori categorie di investimento che sono riuscite a produrre rendimenti superiori alla liquidità sono i titoli high yield asiatici, i prestiti a effetto leva e il debito dei mercati emergenti. Nei mercati azionari, i segmenti growth e a più alto beta hanno ottenuto le migliori performance.

Lo scenario macroeconomico nel resto del 2024 sarà analogo. Nel nostro scenario di base ci troviamo al picco del ciclo dei tassi di interesse e dovremmo assistere a un allentamento nel secondo semestre dell’anno. La crescita è moderata, tuttavia nelle economie sviluppate è difficile rilevare segnali di recessione. Ci sono i rischi inflazionistici ma le previsioni del mercato sul fronte dell’inflazione in questo momento sono stabili. Naturalmente, nei rapporti dettagliati sui prezzi, rileviamo qualche tendenza sgradita in alcuni segmenti dei servizi, la crescita dei salari è ancora elevata e i prezzi delle materie prime possono ancora provocare uno shock inflazionistico. Per tornare a un’inflazione come nel 2022-2023 probabilmente dovremmo assistere a uno shock sul fronte dell’offerta e a un’errata calibrazione della domanda aggregata da parte delle banche centrali e delle autorità fiscali. I bond vigilantes contrasteranno tale scenario.

La tecnologia è un tema concreto che produce utili e condiziona gli investimenti fissi

Le prospettive macroeconomiche lasciano presuppore rendimenti discreti nei mercati finanziari, in particolare nell’azionario e nel credito short duration. Gli utili del 1° trimestre delle società tecnologiche statunitensi mostrano che l’intelligenza artificiale resta un fattore trainante per gli investimenti in ricerca e sviluppo. E dovrebbe continuare a trainare per un po’ le strategie azionarie. Meno trasparenti sono invece gli utilizzi delle applicazioni di intelligenza artificiale in settori esterni a quello tecnologico. Soltanto un eremita durante lo scorso anno non avrebbe notato che le aziende in tutti i campi stanno provando l’intelligenza artificiale per migliorare l’efficienza operativa. La previsione di lungo termine è che l’intelligenza artificiale aumenterà la produttività. Resta ancora da vedere dove se ne godranno i frutti.

Chi possiede capitali e le coorti ad alto reddito se la stanno cavando molto bene. Presentano una situazione patrimoniale robusta, un reddito in crescita e una minore sensibilità all’andamento dei tassi di interesse. Ci sono numerosi esempi degli effetti dell’inflazione: i prezzi degli immobili nel Mediterraneo, i conti astronomici dei ristoranti di New York, il prezzo del biglietto di un concerto di Taylor Swift. La capacità passeggeri delle linee aeree è elevata. Ne risentono le fasce di reddito più basse, chi deve pagare l’affitto e i debitori netti. Il reddito reale è in calo, le insolvenze sulle carte di credito sono in aumento a fronte del rialzo dei tassi di interesse e, quando si taglieranno posti di lavoro, i lavoratori marginali saranno i primi a risentirne. I dati sugli occupati a tempo pieno negli Stati Uniti sono in diminuzione. Finora, i problemi del credito non hanno contagiato il nucleo dei mercati tuttavia la situazione va monitorata, soprattutto a fronte degli spread ristretti.

Attenzione ai fattori microeconomici nella ricerca dei temi a lungo termine

La pandemia ha spinto gli economisti a prestare maggiore attenzione alle catene di distribuzione delle aziende e agli effetti di rete sugli aggregati macro come l’inflazione. Forse dovremo prestare più attenzione anche sul fronte dell’occupazione, in particolare alla crescita dell’immigrazione e alla cosiddetta gig economy. Preoccupa in particolare la crescente disuguaglianza del reddito. Le aziende possono beneficiare dell’automazione di compiti svolti precedentemente dai lavoratori, ma potranno anche risentire dell’aumento dei furti nei negozi o delle frodi informatiche. La crescente disparità di reddito, e il modo in cui si manifesta nei comportamenti del pubblico nei confronti delle imprese, dovrebbe essere una fonte di preoccupazione per gli investitori concentrati sui fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) poiché in alcuni casi possono incidere sui ricavi, per esempio nel settore retail.

L’interazione tra le nuove strutture sociali e le imprese comporta anche considerazioni generazionali. È meno probabile che i giovani siano proprietari di una casa o abbiano un mutuo da pagare. Se l’acquisto di una casa viene considerato come un traguardo irraggiungibile, i comportamenti di spesa nel corso della vita potrebbero essere diversi dal comune. Ciò significa più reddito disponibile e forse consumi che si basano più sull’esperienza che sull’acquisto di un bene materiale. Le imprese che studiano e si adattano alla digitalizzazione, che tengono conto dell’influenza dei fattori sociali e ambientali sulla spesa e di un bacino di consumatori meno stabile sapranno beneficiare di tali tendenze. Per le tecnologie core i giovani saranno in genere una clientela più fedele, ma per altri beni e servizi le imprese a bassa e media capitalizzazione potrebbero risultare più adattabili e innovative, in grado di rispondere alla domanda di una generazione con comportamenti di spesa assai diversi rispetto a quelle precedenti.

La disparità di reddito dovrebbe essere considerata un fattore negativo per l’economia. Ci sono decisioni politiche da prendere, e con le elezioni imminenti nel Regno Unito, in Europa e negli Stati Uniti, i fattori sociali saranno al centro del dibattito politico. Può esserci la tentazione di usare le leve macro per affrontare tali problematiche, ovvero imposte, spesa e politiche commerciali, che spesso non sono ottimali per il benessere economico e rischiano di danneggiare proprio le persone che stanno cercando di aiutare. Tali scelte politiche comportano anche implicazioni per gli investimenti, l’aumento del debito pubblico incide sui tassi di interesse reali, il cambiamento delle aliquote marginali crea vincitori e vinti, la politica commerciale può incidere sull’equilibrio tra importazioni ed esportazioni. Il clima di polemica può inoltre gravare sulla fiducia degli investitori.

L’aspetto generazionale ha implicazioni più positive a livello economico e degli investimenti. I social media hanno già aperto nuove opportunità di investimento e contribuito alla creazione di ricchezza. I consumi e l’intrattenimento dei nativi digitali tra le generazioni più giovani avverranno attraverso i canali online, oltre che fisici. Naturalmente è un processo in corso da anni ma non ne abbiamo ancora rilevato interamente gli effetti a livello del comportamento dei consumatori su attività come banche, gestione patrimoniale, servizi sanitari e trasporti.

Le dinamiche macro potrebbero essere noiose ancora per un po’, dove l’unico mantra per gli investitori è il reddito derivante dalla crescita di azioni e obbligazioni. Il rendimento della liquidità diminuirà lentamente ma non abbastanza velocemente da reindirizzare i flussi di investimento dal mercato monetario e dai conti bancari verso i fondi azionari e obbligazionari. Di conseguenza i rendimenti saranno stabili. A livello microeconomico, gli investitori dovrebbero però cercare di comprendere gli effetti di rete e le catene di distribuzione aziendali e sociali, dato che è lì che stanno fermentando i futuri temi economici.

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