COP26: i principali insegnamenti per gli investitori
Progressivo abbandono del carbone come fonte d’energia, riduzione delle emissioni di metano, impegno a fermare la deforestazione, sono alcuni dei principali risultati della COP26. Cosa significano per chi investe? Quali i prossimi passi in materia di regolamentazione e uso di dati ESG?
Appuntamento dei leader mondiali riuniti a Glasgow con l'obiettivo di garantire un futuro più sostenibile per il pianeta, la COP26 ha avuto tutta l'aria di un evento assolutamente decisivo. I numerosi obiettivi su cui trovare un'intesa erano ambiziosi e di vasta portata – garantire l'azzeramento delle emissioni nette entro il 2050, rendere possibile il raggiungimento dei traguardi più ambiziosi dell'Accordo di Parigi, proteggere le comunità e gli habitat naturali, mobilitare il mondo finanziario a favore della transizione energetica e, infine, assicurare una collaborazione costante tra le nazioni.
I leader mondiali si sono impegnati a fare di più o hanno sollecitato chiunque altro a fare altrettanto. Sono purtroppo mancati all'appello i rappresentanti di alcuni dei più grandi inquinatori del pianeta. Sono stati fatti proclami da prima pagina, ma si è trattato solo – per citare l'attivista Greta Thunberg – dell'ennesimo “bla, bla, bla”?
Forse alcune delle dichiarazioni ascoltate potranno darci il coraggio di venirne fuori, e d'ora in poi potremo aspettarci un'azione politica più decisa. Uno degli annunci che hanno avuto maggiore risonanza è arrivato nell'ultima giornata, quando Cina e Stati Uniti si sono congiuntamente impegnati a intervenire in modo più “decisivo” per fermare il riscaldamento globale nei prossimi dieci anni, e a collaborare per limitare l'innalzamento delle temperature globali entro 1,5˚C sopra i livelli dell'era preindustriale.
Il Patto sul clima di Glasgow, sottoscritto a fine lavori da circa 200 paesi, imprimerà un'accelerazione all'azione per il clima: ora ai governi si chiede di produrre nuovi contributi a livello nazionale (NDC, Nationally Defined Contributions) per la decarbonizzazione, con un focus sul 2030, entro la data della prossima COP che si terrà a Sharm El-Sheikh alla fine del prossimo anno. In precedenza, il termine per la pubblicazione degli NDC era fissato per il 2025.
Per la prima volta, l'accordo prevede anche un piano di riduzione dell'uso di combustibili fossili – anche se la formulazione finale, piuttosto deludente, esprime un impegno alla graduale diminuzione ("phase-down") degli impianti di generazione alimentati a carbone – e non alla loro eliminazione ("phase-out"), accogliendo le pressioni di Cina e India ad ammorbidire i toni.
Fonte: "Amount of finance committed to achieving 1.5°C now at scale needed to deliver the transition", 3 novembre 2021
Prospettive future
Un elemento incoraggiante è la conclusione dell'Università di Melbourne secondo cui, per la prima volta, gli impegni espressi dai governi potrebbero essere sufficienti a contenere il riscaldamento entro i limiti dell'Accordo di Parigi – nello specifico, a 1,9˚C. Sebbene si tratti di una buona notizia, non siamo “nettamente al di sotto” dei 2˚C, e ancora molto lontani dal target ideale di 1,5˚C. Prendendo in esame gli impegni più concreti ma a più breve termine per il 2030, il Climate Action Tracker ha invece concluso che, allo stato attuale, il mondo va incontro a un aumento delle temperature di almeno +2,4˚C.
Un aspetto preoccupante emerso dalla COP26 è il fatto che, a tutt'oggi, alcuni dei principali emettitori di CO₂ – Cina, India e Russia – non hanno assunto alcun impegno formale ad azzerare le emissioni nette di carbonio entro il 2050. Da qui si capisce quanto ancora resti da fare – e come la COP26 debba essere vista come la tappa di un processo di progressivo miglioramento, sul quale occorre lavorare. Cerchiamo ora di fare il punto su alcuni dei principali “take away” della COP26, e sul loro possibile significato per gli investitori.
Il phase-out del carbone
Ancor prima che fosse siglato il patto di Glasgow, più di 40 paesi avevano preso l'impegno ad abbandonare il carbone come fonte di energia. Si tratta di un passo molto importante, ma Cina, Stati Uniti e India sono tra i paesi che non hanno firmato l'accordo.
L'obiettivo è la graduale eliminazione delle centrali a carbone nelle economie sviluppate entro gli anni 2030, e nei mercati emergenti entro gli anni 2040, aumentando la quota delle fonti rinnovabili nella capacità di generazione totale. Inoltre, più di 20 paesi hanno concordato lo stop di ulteriori finanziamenti pubblici diretti al settore del carbone entro fine 2022, compensati da maggiori investimenti nelle rinnovabili.
Molti asset manager, tra i quali anche AXA IM, hanno già ampiamente disinvestito dal carbone – il singolo settore maggiormente responsabile delle emissioni di carbonio – ma l'aumento dei finanziamenti pubblici al settore delle rinnovabili è un'ottima notizia per le imprese che vi operano, o per quelle che utilizzano fonti rinnovabili per le proprie attività operative.
Tagliare le emissioni di metano
Più di 100 paesi si sono impegnati a ridurre le emissioni di metano – uno dei gas serra più nocivi – del 30% entro il 2030. All'impegno aderiscono diversi paesi, che rappresentano quasi la metà delle emissioni globali di metano e il 70% del PIL globale. Tuttavia, i più grandi emettitori – incluse India, Russia e Cina – non hanno aderito all'impegno.
Il rilascio in atmosfera di metano incombusto, con un potenziale climalterante di 28 volte superiore a quello della CO₂, deriva soprattutto dalle attività agricole o da perdite di gas naturale dalle reti di distribuzione. Un dialogo attivo degli investitori con le aziende del settore può incoraggiare la diffusione delle best practice in quest'area, con l'applicazione di norme operative più stringenti, processi di produzione più efficienti e l'ottimizzazione delle infrastrutture.
Veicoli a emissioni zero
Circa 24 paesi, insieme a un gruppo costituito dalle più grandi case automobilistiche, hanno concordato che entro il 2040 (al più tardi) si venderanno solo veicoli a zero emissioni, con un processo di graduale eliminazione dei motori diesel e a benzina. Diversi paesi, tra i quali anche il Regno Unito, l'Olanda e il Canada, avevano già stabilito i propri target, ma questo accordo fa un ulteriore passo avanti, e si prevede che arrivi a coprire circa un terzo delle vendite globali di auto. Stati Uniti, Cina e Germania – tre paesi che dominano il settore autoveicolistico mondiale – non hanno però aderito all'intesa.
I veicoli elettrici, e le relative infrastrutture, sono già un'area di interesse per gli investitori che puntano su un’economia a basse emissioni di carbonio, e questi nuovi obiettivi potrebbero aprire nuove opportunità di crescita.
Finanziare la decarbonizzazione
Nel Patto di Glasgow è inclusa anche la decisione di aumentare i finanziamenti erogati dalle nazioni più ricche ai paesi in via di sviluppo per fronteggiare la crisi climatica, anche se il raggiungimento del target di finanziamento di 100 miliardi di sterline l'anno, concordato già nel 2009, è stato rimandato almeno al 2025 (l'Accordo di Parigi ne prevedeva l'erogazione nel 2020). In questo modo viene rinviato il contributo a colmare il gap tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo nella lotta al cambiamento climatico.
In aggiunta agli obiettivi dei governi, una coalizione di oltre 450 società finanziarie internazionali, con un patrimonio complessivo di 130.000 miliardi di dollari, ha preso l'impegno di allinearsi con l'obiettivo di azzeramento delle emissioni nette entro il 2050. Il gruppo, denominato Glasgow Financial Alliance for Net Zero (GFANZ), metterà a disposizione i finanziamenti necessari per la transizione low-carbon.
Il modo con cui le società di gestione degli investimenti come AXA IM – che fa parte del GFANZ – decideranno di stanziare capitali a questo scopo potrebbe avere un impatto potenzialmente significativo sulle scelte operative di società di tutto il mondo.
Fermare la deforestazione
I leader mondiali hanno promesso di fermare la deforestazione entro il 2030. L'intesa è stata sottoscritta da paesi che rappresentano circa l'85% delle foreste di tutto il mondo – incluso il Brasile, patria della foresta fluviale amazzonica, di importanza cruciale. I paesi in via di sviluppo riceveranno finanziamenti per risanare le aree danneggiate dalla deforestazione e per sostenere le comunità la cui sopravvivenza è legata all'ecosistema naturale, mentre è stato istituito un nuovo fondo per la tutela della seconda foresta tropicale al mondo per dimensioni, nel Congo.
Per gli investitori, sostenere l'impegno a fermare la distruzione delle foreste e a invertire la rotta significa occuparsi delle attività maggiormente responsabili del fenomeno – come l'allevamento e i pascoli, la produzione di olio di palma e la coltivazione di soia. AXA IM ha già stabilito una serie di chiare linee guida per limitare gli investimenti nelle società coinvolte in pratiche di deforestazione o che potrebbero potenzialmente danneggiare gli ecosistemi naturali. Riteniamo inoltre importantissimo che gli investitori intensifichino le iniziative di engagement con le società che operano in queste aree, incoraggiandole ad adottare pratiche più sostenibili e supportandole nella fase di transizione.
Lo scambio delle quote di carbonio
Grazie alle regole per un sistema centralizzato di scambio di carbonio delineate a Glasgow, si sta sviluppando un nuovo mercato globale per lo scambio di quote. Resta però da vedere come funzionerà in pratica il sistema, e quali controlli saranno introdotti per evitare pratiche di greenwashing. Tuttavia, il sistema potrebbe consentire alle imprese di convogliare investimenti in progetti green, e potrebbe rappresentare un importante passo avanti verso la definizione di un prezzo globale del carbonio.
Nuovi impegni nazionali
Tra i nuovi impegni più degni di nota a livello di singoli paesi va citato il primo impegno dell'India verso la neutralità climatica, che fissa il proprio obiettivo al 2070 (la Cina lo ha stabilito al 2060). L'India ha inoltre chiesto alle nazioni sviluppate di aumentare l'impegno finanziario per il clima con uno stanziamento di 1.000 miliardi di dollari – che moltiplica per 1.000 gli attuali obiettivi. Allo stesso tempo, 43 paesi africani hanno rilanciato un'iniziativa per attirare capitali nazionali e internazionali per finanziare iniziative green. E la Australia Climate Finance ha stanziato altri 500 milioni di dollari per aiutare l'area del Pacifico e il Sudest Asiatico ad affrontare il cambiamento climatico.
Un'informativa più efficace e coerente
La International Financial Reporting Standards (IFRS) Foundation ha annunciato la costituzione di un nuovo International Sustainability Standards Board, che si occuperà di sviluppare standard uniformi di informativa in materia climatica e di sostenibilità per i mercati finanziari. L'iniziativa affronta un tema critico per gli investitori, che hanno bisogno di informazioni affidabili, comparabili e di buona qualità sui fattori di sostenibilità per poter prendere decisioni d'investimento.
Dal canto suo, il governo di Londra ha dichiarato di voler fare del Regno Unito il primo centro finanziario mondiale a zero emissioni nette. La maggior parte delle grandi aziende del Regno Unito dovranno dichiarare pubblicamente come intendono raggiungere gli obiettivi di cambiamento climatico in conformità alle regole proposte, in modo da assicurare maggiore chiarezza per gli investitori.
I prossimi passi per gli investitori: una regolamentazione più stringente e un impegno incessante
La COP26 non ha affrontato una serie di temi chiave per gli investitori, come l'impegno internazionale sulla biodiversità. Se l'intesa sulla deforestazione è stata apprezzata, siamo convinti che la tutela degli habitat naturali in senso lato, comprendendo anche gli oceani, sia essenziale per gestire le emissioni di carbonio in atmosfera.
A fronte delle iniziative dei governi nella direzione dei rispettivi obiettivi "net zero", prevediamo una maggiore regolamentazione di settori come quello gaspetrolifero, ma anche del comparto finanziario. Potrebbe essere introdotto un sistema di riferimento globale rispetto ai criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) e all'informativa. Gli asset manager integrano sempre più criteri di investimento responsabile nei propri processi decisionali, ma in futuro saranno costretti a muoversi in questa direzione per conformarsi a regole più rigorose. Una regolamentazione più efficace e uniforme a livello globale, e l'uso di dati ESG più coerenti e di miglior qualità, sarebbero accolti con favore da molti investitori.
Noi continueremo a dialogare attivamente con i regolatori nell'intento di favorire lo sviluppo di politiche finanziarie sostenibili e ottimizzate, e di contribuire al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Continueremo inoltre a interagire con le società in cui investiamo, sfruttando il potere del capitale investito. Grazie alle nostre iniziative di stewardship e al dialogo con le società in cui investiamo, ci appare evidente che il modo di gestire il denaro che ci viene affidato ha delle implicazioni per l'economia reale e ai fini della transizione verso l'obiettivo "net zero".
In ultima analisi, una mancata riduzione delle emissioni di carbonio potrà avere conseguenze pesanti sull'economia globale. Per contro, procedendo nella transizione verso un mondo a basse emissioni avremo l'opportunità di contribuire in modo sensibile alla crescita economica. Favoriremo lo sviluppo di nuove tecnologie, la nascita di nuovi settori e posti di lavoro, e una miriade di opportunità d'investimento.
Investitori come AXA IM hanno il compito fondamentale di destinare capitali ai leader climatici impegnati nello sviluppo di soluzioni tecniche per la transizione e alle imprese più virtuose nella transizione verso un futuro a zero emissioni nette. Dobbiamo intervenire anche sui più ritardatari, promuovendo l'evoluzione dei loro modelli di business, e disinvestire se possibile dagli emittenti che non dimostrano progressi sufficienti verso un futuro "net zero". Con questo approccio siamo certi che potremo assicurare più vantaggi ai nostri clienti poiché, oggi, le cose che hanno senso per l'ambiente sono anche quelle che hanno più senso sotto il profilo finanziario. Auspichiamo che gli accordi di Glasgow siano messi in pratica al più presto in tutto il mondo, in modo da garantire un futuro benessere per noi tutti.
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