Inflazione: sempre transitoria, ma più a lungo
La crescente domanda al consumo, la carenza di materie prime e le prolungate interruzioni della supply chain hanno contribuito a sostenere in modo anomalo l'inflazione. Tuttavia, siamo certi che questo stato di cose non durerà a lungo.
Gli economisti ritenevano che avessimo già raggiunto il picco dell'inflazione USA durante l'estate – oggi invece si ipotizzano ulteriori rincari. I prezzi delle auto usate hanno recentemente raggiunto nuovi massimi e i prezzi dei noleggi, che compongono il 30% dell'inflazione core, sono destinati ad accelerare a fronte di un mercato ristretto.
La BCE attribuisce il rialzo inflazionistico del 2021 a fattori una tantum - come i colli di bottiglia delle forniture - e prevede un'attenuazione dei rincari a inizio 2022. In ogni caso, gli economisti della Banca centrale riconoscono che l'attuale shock inflazionistico durerà probabilmente più a lungo di quanto inizialmente previsto.
Dal canto nostro, nel primo semestre del 2022 ci aspettiamo un picco dell'inflazione USA compreso tra il 6% e il 6,5%, seguito da un ripiegamento. Nell'Eurozona, invece, l'inflazione dovrebbe toccare il picco del 4,5% nell'ultimo trimestre del 2021, per iniziare successivamente ad allentarsi con la normalizzazione della domanda e il superamento dei problemi della catena logistica.
Comunque, anche nel momento in cui gli aumenti dei prezzi inizieranno ad attenuarsi, potrebbero restare relativamente alti rispetto agli standard storici. Per questo ci aspettiamo che l'anno prossimo, in questo stesso periodo, l'inflazione negli USA e in Europa potrà essere, rispettivamente, del 2,5% e dell'1,5%.
E non siamo certo i soli a ritenere che l'inflazione non tornerà a zero; anche l'OCSE ha espresso l'aspettativa che i prezzi in tutto il G20 cresceranno a ritmo più sostenuto rispetto al periodo pre-pandemico, almeno per i prossimi due anni.
Fonte: Federal Reserve
I rischi per le prospettive d'inflazione
Seppure convinti che l'inflazione sia transitoria, riteniamo importante monitorare i rischi. Prevedere l'andamento dell'inflazione è di per sé difficile, anche per degli esperti. I prezzi possono essere deviati da fattori isolati o imprevisti, ad esempio da eventi climatici estremi o da carenze improvvise – ma occorre considerare anche altri rischi di alto livello.
Nel periodo precedente la pandemia, molte economie avevano sperimentato un periodo di crescita modesta e di inflazione moderata. Le imprese potevano così prevedere più chiaramente la possibile evoluzione delle condizioni di mercato, e i cicli economici erano più lunghi. La pandemia ha stravolto tutto. L'uscita delle economie dai lockdown è stata caratterizzata da fasi di ‘stop and go’, che hanno reso molte aziende riluttanti a espandere la propria capacità produttiva – con il risultato di una maggiore volatilità delle prospettive economiche e d'inflazione.
Allo stesso tempo, la spinta verso una ricostruzione migliorativa e la concentrazione sulla transizione ecologica per un mondo a basse emissioni potrebbero spingere al rialzo i prezzi di alcune materie prime. Tuttavia, i dati sull'inflazione devono essere valutati tenendo conto del fatto che il rincaro di alcuni prodotti può talvolta implicare un miglioramento della qualità – con un processo di tipo edonico. Se, ad esempio, i veicoli elettrici utilizzano tecnologie più avanzate ma i costi restano gli stessi, l'inflazione tenderà a scendere.
Un altro rischio per l'inflazione su scala globale è dato dall'evoluzione della politica monetaria cinese. A fronte del suo rinnovato modello di crescita, che punta ai consumi più che all'esportazione, la Cina potrebbe perdere il ruolo di fabbrica del mondo – con un possibile impatto significativo sui prezzi. Allo stesso tempo, l'attuale carenza di energia nella seconda più grande economia mondiale sta obbligando alcune fabbriche a limitare la produzione, e anche questo ha un impatto inflazionistico.
Il principale rischio di inflazione a breve termine per le economie, nell'attuale fase di superamento dei lockdown, va visto a mio parere nel loop salario-prezzi. I salari in molti settori aumentano per stimolare il rientro della forza lavoro – e l'aumento del reddito disponibile tende a far lievitare la domanda di beni e servizi, facendo salire i prezzi. I rincari a loro volta fanno aumentare la domanda di aumenti salariali, innescando un loop tra prezzi e salari, che potenzialmente si conclude solo nel momento in cui aumentano i tassi d'interesse.
Politiche monetarie e strategie d'investimento
Mentre continuiamo ad aspettarci che l'attuale shock si dimostri transitorio, dobbiamo riconoscere che il concetto di “transitorietà” è diventato più difficile da definire a fronte delle sorprese al rialzo dell'inflazione.
Il contesto sembra propizio a una normalizzazione delle politiche monetarie da parte delle banche centrali – l'inflazione, in questo momento, è di fatto più alta che nei precedenti periodi di stretta monetaria. La Federal Reserve ha annunciato una riduzione dei suoi acquisti di asset di 15 miliardi di dollari al mese, fino alla definitiva conclusione del quantitative easing entro la metà del 2022.
La Fed ha inoltre espresso segnali sul possibile percorso futuro della sua politica monetaria. A nostro avviso, l'incertezza del mercato del lavoro potrebbe indurre la Banca centrale a una maggiore flessibilità rispetto alla definizione di “piena occupazione”, soprattutto nel contesto di spinte inflazionistiche sostenute. Un rischio è che, se la Fed dovesse concentrarsi troppo sui posti di lavoro e non abbastanza sull'inflazione, potrebbe dare luogo alla necessità di una normalizzazione più aggressiva, o perdere il controllo sulle aspettative d'inflazione.
Nel Regno Unito, l'inflazione persistentemente elevata ha alimentato aspettative di possibili aumenti dei tassi da parte della Bank of England già a novembre, ma il Monetary Policy Committee si è trattenuto, mantenendo i tassi al minimo record dello 0,1%. Il Comitato si aspetta un picco dei prezzi nel secondo trimestre del 2022. Quanto a noi, condividiamo questa previsione e crediamo che l'inflazione potrà tornare sotto il target nella prima parte del 2023.
A fronte dell'attuale contesto, preferisco tenere in portafoglio obbligazioni inflation-linked sul front end della curva dei rendimenti – il segmento con le scadenze più brevi - potenzialmente più protette in caso di rialzi dei tassi d'interesse, ma che consentono agli investitori di incrementare il valore del capitale investito in linea con l'inflazione.
Apprezzo anche le obbligazioni inflation-linked a breve duration, che hanno storicamente dimostrato una maggiore sensibilità ai prezzi delle commodity. Inoltre, in termini di total return, sono più correlate all'indicizzazione all'inflazione, che dovrebbe restare favorevole nei prossimi mesi, quando l'inflazione si confermerà un tema caldo.
Nell'Eurozona, sembra che il quantitative easing sia ormai un tratto permanente della politica monetaria, e l'inflazione resta relativamente contenuta. C'è tuttavia un altro rischio, poiché prima o poi anche la politica monetaria della BCE dovrà cambiare. L'esposizione a titoli governativi francesi e tedeschi a breve scadenza può replicare breakeven d'inflazione– la differenza tra il rendimento nominale di un investimento a tasso fisso e il rendimento reale di un'obbligazione indicizzata all'inflazione - più alti, e al tempo stesso fungere da protezione in caso di cambi di passo della politica monetaria.
Negli Stati Uniti, preferisco detenere TIPS a uno-due anni, che offrono un carry positivo grazie all'indicizzazione all'inflazione, ma resterei sottopesato in TIPS a cinque e più anni, che mi sembrano più esposti alla graduale riduzione degli acquisti di asset.
Riconsiderando il 2021 da inizio anno, lo shock d'inflazione è stato enorme. Nella prima parte di quest'anno, gli economisti si aspettavano un picco d'inflazione nell'Eurozona dell'1,5%, mentre ora si prospetta un possibile massimo ben oltre il 4%. In ultima analisi, siamo certi che l'inflazione si dimostrerà transitoria, ma quest'anno dimostra che ci possono essere sorprese al rialzo senza avvisaglie. Per il momento, il mantenimento di un adeguato livello di protezione del portafoglio dall'inflazione potrebbe essere una strategia ottimale, anche a fronte della prevista imminente normalizzazione delle politiche monetarie.
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