6 cose da sapere sul cambiamento climatico
Quali sono le conseguenze (e il costo economico) del cambiamento climatico sul pianeta? Cosa fa la comunità internazionale e come possiamo agire nel nostro piccolo per lottare contro il riscaldamento globale? Leggi la nostra guida.
1. Quando si è iniziato a parlare di riscaldamento globale?
Nel 1859 John Tyndall intuì che variazioni nella concentrazione dei gas presenti nell’atmosfera, in particolare della CO2, avrebbero potuto provocare cambiamenti climatici, concetto poi sviluppato meglio nel 1896 da Svante Arrhenius. Ma è solo nel 1960 che Charles Keeling, grazie ad accurate misurazioni, porta alla comunità scientifica le prove del progressivo aumento della CO2 grazie alla famosa “curva di Keeling”, dimostrando che gli oceani non riescono ad assorbire tutta l’anidride carbonica in eccesso prodotta dall’uomo. Nel 1979 viene organizzata la prima conferenza mondiale sul clima, ma è dagli anni Ottanta che - grazie anche a nuove tecnologie di rilevazione ed elaborazione dei dati - il problema del riscaldamento globale diventa di pubblico dominio. Nel 1988 le Nazioni Unite costituiscono la Commissione Intergovernativa sul Cambiamento Climatico (IPCC), che nel 1990 pubblica il suo primo rapporto.
2. Che cos’è l’effetto serra?
Studiato per la prima volta da Joseph Fourier nel 1827, l’effetto serra è un fenomeno naturale ritenuto indispensabile per la vita sulla Terra. I raggi ultravioletti mandati dal Sole vengono “riflettuti” dalla superficie terrestre, che a sua volta irradia nello spazio raggi infrarossi: la nostra atmosfera tuttavia contiene alcune molecole, come quella dell’anidride carbonica (CO2), che “intrappolano” parte delle radiazioni infrarosse, provocando il riscaldamento globale. Senza questo effetto serra naturale, la temperatura media sulla superficie del nostro pianeta sarebbe di oltre 30°C inferiore a quella attuale, scendendo a una media di -18°C. Ma allora dov’è il problema? Purtroppo l’attività dell’uomo, già dall’epoca della rivoluzione industriale, ha aumentato drammaticamente la quantità di gas serra: dal 1750 la concentrazione di CO2 e metano è cresciuta rispettivamente del 36% e del 148%. Secondo un recente studio scientifico, nel 2018 i gas serra hanno raggiunto i massimi sia degli ultimi sessant’anni (quelli delle moderne tecniche di misurazione) che degli ultimi 800mila anni (verificati tramite carotaggio dei ghiacciai): dal 1990 sono aumentati di un allarmante 43%, con la sola anidride carbonica salita l’anno scorso a un record di 407,4 parti per milione (ppm).
3. Chi è responsabile delle emissioni di gas serra?
Le emissioni di gas serra riconducibili all'attività umana sono legate alla produzione di energia da combustibili fossili come carbone, petrolio e gas naturale, ma anche alla deforestazione e all’agricoltura intensiva. L’anidride carbonica è responsabile per il 9%-26% dell’effetto serra: purtroppo gli oceani non riescono più ad assorbire la CO2 in eccesso, poiché le emissioni dell’uomo sono troppo elevate per mantenere in equilibrio l’ecosistema. Al metano (CH4) è invece riconducibile circa il 18% dell’effetto serra, essendo infatti la sua capacità nel trattenere il calore 21 volte maggiore rispetto a quella dell’anidride carbonica. Oltre che dalla combustione, il metano è prodotto da terreni paludosi, risaie, fermentazione del concime organico, combustione della biomassa e dallo scioglimento del permafrost1 .
4. Quali sono le conseguenze (e il costo economico) dei cambiamenti climatici sul pianeta Terra?
Il riscaldamento sta innanzitutto provocando lo scioglimento dei ghiacciai, che l’anno scorso hanno continuato a ridursi per il 30° anno di fila facendo segnare un nuovo record del livello dei mari dopo sette anni di crescita ininterrotta, con un incremento medio pari a 3,1 centimetri per decennio. Ma l’aumento della CO2 nell’atmosfera porta anche a un’acidificazione degli oceani che sta sconvolgendo l’ecosistema marino. Allo stesso tempo aumentano i pericoli di desertificazione, con pesantissime conseguenze: il riscaldamento, aggravato dalla siccità, ha infatti causato una riduzione della produttività agricola nell'Europa meridionale, Italia inclusa, minacciando la sicurezza alimentare nelle zone aride del pianeta, in particolare in Africa, e nelle regioni montuose dell'Asia e del Sud America, con i generi alimentari che potrebbero diventare più costosi fino al 23% entro il 2050. Il riscaldamento globale infine sta distruggendo la biodiversità del pianeta: entro la fine di questo secolo si calcola che siano a rischio estinzione la metà delle specie animali presenti sul pianeta. Una recente analisi di Moody’s Analytics stima in 69mila miliardi di dollari i costi del climate change entro il 2100 nello scenario di un innalzamento di due gradi della temperatura (54mila miliardi nel caso di 1,5 gradi), ipotesi che peraltro secondo alcuni scienziati sono persino ottimistiche perché entro il 2050 il riscaldamento globale potrebbe sconvolgere la civiltà umana per come la conosciamo oggi.
5. Cosa sta facendo la comunità internazionale per combattere il cambiamento climatico?
Il principale accordo internazionale per il controllo del riscaldamento globale è il Protocollo di Kyoto del 1997, siglato da 192 Paesi: è operativo dal 2005, ma gli Stati Uniti non l’hanno ratificato. Sono stati invece 195 gli Stati firmatari dell'Accordo sul clima di Parigi del dicembre 2015, intesa - purtroppo non vincolante - che si impegna a cercare di contenere il riscaldamento entro i due gradi centigradi possibilmente limitandolo entro 1,5 gradi. La Cina, pur avendo sottoscritto l’accordo di Parigi, resta lontana dal raggiungimento di standard adeguati: l’anno scorso le emissioni di CO2 cinesi sono cresciute del 4,7%, mentre quelle della Ue sono diminuite dello 0,7%. Il Dragone genera il 27% dell’anidride carbonica mondiale, seguito dagli Stati Uniti con il 15%; l’Europa è al 10%.
Alla COP26 di Glasgow, lo scorso autunno, la comunità internazionale ha cercato di risolvere alcuni importanti dettagli dell’Accordo di Parigi. I numerosi obiettivi su cui trovare un'intesa erano ambiziosi e di vasta portata – garantire l'azzeramento delle emissioni nette entro il 2050, rendere possibile il raggiungimento dei traguardi più ambiziosi dell'Accordo di Parigi, proteggere le comunità e gli habitat naturali, mobilitare il mondo finanziario a favore della transizione energetica e, infine, assicurare una collaborazione costante tra le nazioni. Sono purtroppo mancati all'appello i rappresentanti di alcuni dei più grandi inquinatori del pianeta. Alla fine circa 200 paesi hanno sottoscritto il Patto sul clima di Glasgow, in cui si chiede ai governi di produrre nuovi contributi a livello nazionale per la decarbonizzazione, con un focus sul 2030, entro la data della prossima COP che si terrà quest’anno a Sharm El-Sheikh. Per la prima volta, l'accordo prevede anche un piano di riduzione dell'uso di combustibili fossili – anche se la formulazione finale, piuttosto deludente, esprime un impegno alla graduale diminuzione ("phase-down") degli impianti di generazione alimentati a carbone – e non alla loro eliminazione ("phase-out"), accogliendo le pressioni di Cina e India ad ammorbidire i toni.
6. Come posso nel mio piccolo lottare contro il riscaldamento globale?
Posso risparmiare energia elettrica ed emissioni di gas serra, per esempio evitando di riscaldare o raffreddare troppo la mia casa. Posso consumare meno carne scegliendo per la mia dieta prodotti freschi di stagione, magari a chilometro zero. Posso se possibile utilizzare mezzi pubblici (o la bicicletta) per gli spostamenti urbani al posto dell’auto, e il treno al posto dell’aereo per i viaggi più lunghi.
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