L’acqua: perché dovrebbe essere una priorità per investitori responsabili
Punti chiave:
- Lo stress idrico ha a che fare con l'accesso all'acqua, con la sua disponibilità e la sua qualità – e può interessare in misura diversa persone, settori e interi paesi.
- Particolarmente a rischio, a nostro avviso, sono i paesi emergenti, dove l'agricoltura e l'industria possono raggiungere livelli elevati di consumo e di inquinamento dell'acqua.
- Oggi meno del 50% delle aziende che operano in settori a rischio implementa sistemi adeguati di gestione dei consumi e dell'inquinamento dell'acqua. Adottando prassi di engagement attivo, gli investitori potrebbero apportare un cambiamento concreto, incentivando le aziende ad affrontare il problema dell'acqua.
La quantità e la qualità dell'acqua disponibile è motivo di preoccupazione comune a livello globale. È una questione che riguarda ogni paese, ogni cittadino, ogni impresa e ogni investitore, e che attiene ai diritti umani di accesso a servizi igienici adeguati e a un'equa condivisione dei benefici della natura e delle sue risorse di base.
Ma è anche una questione di sicurezza alimentare, che potrebbe potenzialmente minare la stabilità globale del settore agrifood, e porre un rischio operativo per molti settori industriali che dipendono dall'acqua per il raffreddamento o per altre funzioni.1 Riteniamo che sia compito specifico e ineludibile degli investitori responsabili proteggere i portafogli da questo rischio e, allo stesso tempo, promuovere modelli economici sostenibili per il futuro.
Lo stress idrico
Lo stress idrico è questione di consumo idrico (disponibilità), di inquinamento dell'acqua (qualità) e di equità di distribuzione (accesso). Gli investitori possono considerare questi tre fattori come elementi costitutivi dell'Obiettivo per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite in questo ambito (SDG 6 – Acqua pulita e igiene).2
Dal punto di vista delle società e dei loro investitori, la questione si può sintetizzare in tre potenziali aree di intervento: Migliorare la gestione e la qualità delle risorse idriche; proteggere e ripristinare gli ecosistemi legati all'acqua; e assicurare che le persone abbiano accesso ad acqua potabile sicura e a prezzi accessibili e a servizi igienico-sanitari adeguati.
Ma le implicazioni possono essere più ampie. In molti casi lo stress idrico può a grandi linee essere associato al cambiamento climatico, con impatti particolarmente evidenti in termini di inquinamento, maggiore salinità del suolo, scomparsa delle zone umide (che fungono anche da efficaci serbatoi di carbonio), erosione e perdita di biodiversità.
A sua volta, il cambiamento climatico nel tempo non fa che esacerbare lo stress idrico, andando a modificare la natura e l'ubicazione delle zone asciutte/umide del pianeta, oltre che aumentando i rischi di alluvioni e di siccità di durata e intensità maggiori. Qualsiasi problema a livello di disponibilità e qualità dell'acqua comporta chiaramente problemi di accessibilità.
La Nazioni Unite hanno calcolato che 2,3 miliardi di persone nel mondo vivono in paesi ’a stress idrico’ e, tra queste, 733 milioni abitano in paesi considerati a stress idrico ‘elevato’ o ‘critico’.
Nuovi orientamenti dedicati alle imprese per affrontare gli impatti sull'acqua dolce A settembre 2022, il Science Based Targets Network (SBTN) ha sottoposto al parere del pubblico una proposta di orientamento dedicato alle imprese per l'impostazione di target science-based (SBT) per la natura, che dedica il primo focus all'acqua dolce. La prima pubblicazione degli SBT per la natura è prevista per il primo trimestre del 2023. Secondo il processo proposto per la formulazione di SBT relativi all'acqua dolce, le società dovrebbero impegnarsi a fissare obiettivi sia riguardo alla quantità d'acqua (prelievo) che alla sua qualità (inquinamento). Il lavoro dovrebbe essere fatto in collaborazione con le parti interessate (inclusa, ad esempio, l'agenzia per le risorse idriche locale) e con riferimento all'impatto stimato sui bacini idrici interessati. |
Le aree più colpite
Lo stress idrico non si manifesta in modo uniforme in tutte le aree del globo e non tutti i settori industriali presentano lo stesso grado di rischio. I paesi in via di sviluppo sono decisamente più esposti a problemi di disponibilità, qualità e accessibilità dell'acqua in rapporto a quelli sviluppati, con ripercussioni dirette sulla salute, sulla sicurezza e sullo sviluppo economico delle popolazioni locali. Le industrie che operano nei mercati emergenti possono inoltre essere più intensive in termini di impatto – talvolta determinato dalla domanda dei mercati sviluppati che sono riusciti a esternalizzare alcuni settori a elevata intensità idrica. Riguardo all'industria alimentare, per esempio, nel 2021 il Brasile è stato il primo esportatore di alimenti al mondo, seguito solo dall'Unione europea (UE) e dagli Stati Uniti, mentre, nella filiera del tessile, tra i dieci primi esportatori figurano la Cina, l'India, la Turchia, il Vietnam e il Pakistan.
I notevoli rischi idrici dei mercati emergenti
I paesi in via di sviluppo sono i più colpiti da problemi di carenza idrica, inondazioni e bassa qualità dell'acqua – ed è altamente probabile che le economie di questi paesi siano penalizzate dalle condizioni in cui versano. Secondo le Nazioni Unite, circa l’80% delle malattie nei paesi in via di sviluppo ai primi del Novecento era causato da acqua e servizi igienici inadeguati. Eppure ancora oggi più di 1,7 miliardi di persone non hanno accesso a servizi sanitari di base, come un bagno o un gabinetto privato. I paesi emergenti possono sperimentare una continua riduzione dell'acqua disponibile e, allo stesso tempo, essere soggetti a fenomeni meteorologici estremi, tra cui anche piogge torrenziali e alluvioni.
Alcune aree del mondo in via di sviluppo sono già note per essere a elevato rischio di carenza idrica nel prossimo futuro, comprese alcune regioni del Mediterraneo e del Nord Africa. Allo stesso tempo, anche la Cina, il Brasile, l'India e altri paesi dell’Africa Centrale e Occidentale e dell'America Latina sono esposti a rischi legati all'acqua, aggravati dalla deforestazione e dalle coltivazioni intensive, oltre che dalla presenza di industrie inquinanti e altamente intensive in un contesto locale con norme tecniche e giuridiche inadeguate. Queste aree possono inoltre essere colpite dalla disponibilità limitata di infrastrutture efficienti e di un'efficace gestione del suolo e delle risorse, inclusa l'acqua.
Tutti questi paesi sono accomunati da un'elevata aspirazione ad aumentare e sviluppare ulteriormente l'agricoltura e l'industria. La Cina ospita quasi il 20% della popolazione mondiale ed è uno dei principali paesi produttori di alimentari al mondo – in testa alla classifica mondiale per la produzione di frumento, maiale e pollame, e secondo maggior produttore di mais – ma conta solo il 7% delle riserve mondiali di acqua dolce. Inoltre, secondo uno studio ufficiale del 2016, circa l'80% dell'acqua di falda cinese è fortemente inquinata.
La Cina si è impegnata a effettuare ingenti investimenti in progetti idrici in tutto il suo territorio, e l'accesso ad acqua di buona qualità è ormai una questione di sopravvivenza sociale ed economica – già nel 2005, la situazione ha indotto il ministro cinese per le risorse idriche ad affermare che la Cina deve “lottare per ogni singola goccia d'acqua o morire”. Sarebbe comprensibile se nascesse qualche tensione tra settori inquinanti e a elevata intensità, come l'agricoltura, e l'aspirazione alla salute e alla sicurezza degli alimenti.
Nei paesi sviluppati, per contro, l'attenzione si è spostata verso un'agricoltura di valore più elevato (e a minore intensità idrica) piuttosto che sull'aumento della produzione intensiva. Di conseguenza, i rischi idrici sembrerebbero gestibili, nonostante il perdurare di problemi legati alla qualità e all'efficienza della gestione idrica in diversi paesi.
Le nazioni più ricche saranno tra i primi beneficiari dello sviluppo di potenziali soluzioni, ad esempio di sistemi di depurazione interni, di sistemi di riciclo e di ottimizzazione dei consumi. A livello strutturale, le infrastrutture e gli impianti idrici sono consolidati e i livelli di inquinamento tendono ad essere meglio monitorati.
Settori a forte impatto
L'agricoltura assorbe il 69% del consumo mondiale di acqua dolce (prelievo), e così il settore agroalimentare è preso di mira dalle iniziative delle autorità e delle parti interessate che richiedono un cambiamento sistemico nell'utilizzo delle risorse naturali.
Anche altri settori, in ogni caso, possono offrire leve importanti per una riduzione degli impatti negativi. Per individuare tali settori e la loro preparazione ad affrontare i problemi legati all'acqua, è possibile utilizzare alcuni dei dati ESG già a disposizione degli investitori.
Sono disponibili, per esempio, dati relativi all'esposizione di un'azienda a controversie/scontri relativi all'acqua; dati societari sull'intensità idrica e sui trend triennali; e dati societari sui sistemi e i programmi implementati per ottimizzare il consumo d'acqua e ridurre l'inquinamento.
Utilizzando questi dati, forniti dallo studio di ricerche ESG Sustainalytics, crediamo si possano individuare le società (e, di conseguenza, i settori) più esposte/i a problemi relativi all'acqua, seguendo poi l'andamento degli interventi di mitigazione effettuati dalle singole imprese.
Riportiamo di seguito alcuni dei principali risultati di questo processo per un certo numero di imprese, molte delle quali sono società con un'impronta geografica diversa e con presenza nei mercati emergenti.
Abbiamo considerato controversie relative all'uso dell'acqua e abbiamo individuato i quattro settori più esposti a tali controversie nelle sedi operative considerate - agroalimentare, chimica, settore miniero-metallurgico ed energia.
- Abbiamo riscontrato che circa il 38% delle società esposte a importanti controversie relative all'uso dell'acqua hanno implementato efficaci programmi di gestione del rischio idrico, grazie ai quali hanno dimostrato un trend triennale positivo rispetto all'intensità idrica o, quanto meno, la capacità di mantenere i consumi a livelli invariati, nonostante gli sviluppi delle attività aziendali. Il settore miniero-metallurgico a nostro avviso è quello che ha evidenziato sforzi più sistematici ed efficaci nella gestione dell'acqua, mentre ci sembra che il 62% circa delle società esposte a controversie relative all'uso dell'acqua non abbia affrontato adeguatamente il problema.
Abbiamo poi considerato gli episodi di inquinamento dovuti a emissioni di effluenti e le controversie sui rifiuti e abbiamo individuato cinque settori maggiormente esposti a tali episodi con riguardo alle proprie sedi operative - settore miniero-metallurgico, chimica, energia, agroalimentare e industria manifatturiera (inclusi i prodotti per l'edilizia, il settore cartario/forestale e i prodotti per la casa).
- Abbiamo riscontrato che circa il 43% delle aziende esposte a importanti controversie in relazione ad effluenti avevano implementato sistemi di gestione dell'inquinamento a nostro avviso efficaci in tutte le proprie sedi operative. Il settore chimico ci è sembrato il più efficace nell'affrontare il problema. Abbiamo riscontrato notevoli sviluppi negli interventi di riduzione dell'inquinamento e di mitigazione degli incidenti anche nel settore miniero-metallurgico e in quello dell'energia. Circa il 57% delle società esposte a controversie per inquinamento idrico a nostro parere non è riuscito ad affrontare il problema in modo efficace.
Tra i settori esposti a rischi idrici figurano anche il tessile e abbigliamento, la farmaceutica, l'auto e i beni di consumo, tutti settori rilevanti per economie emergenti come la Cina e l'India, spesso sedi di queste produzioni.
Il settore nucleare e l'industria della carta sono anche responsabili di interventi di prelievo idrico su vasta scala, con sedi operative spesso ubicate in prossimità delle fonti d'acqua, nelle quali gran parte dell'acqua prelevata viene riversata dopo l'uso. Nel tempo la disponibilità d'acqua potrebbe diventare un concreto rischio operativo per questi settori.
L'industria chimica è una delle più intensive in termini di scarico di effluenti e di rifiuti pericolosi. Se i principali rischi chimici nell'acqua potabile derivano dalla presenza di arsenico, fluoruri o nitrati, vanno considerati anche nuovi contaminanti emergenti come i prodotti farmaceutici, i pesticidi, le sostanze perfluoro alchiliche (PFAS) e le microplastiche.
Esposizione del settore agricolo come “principale fattore decisivo” di rischio finanziario da carenza idrica La maggior parte– intorno al 70% – dell'acqua dolce presente sul nostro pianeta è destinata all'agricoltura e all'allevamento, mentre il resto si divide tra attività industriale (19%) e usi domestici (11%), inclusa l'acqua da bere. La crescita della popolazione mondiale e lo sviluppo delle economie implicano un costante aumento della domanda di acqua. I livelli nazionali di prelievo idrico sono cresciuti del 600% dal periodo 1960-2014, secondo la ricerca condotta dal World Resources Institute, a causa della domanda sostenuta proveniente da altre aree, tra cui l'agricoltura. Nella nota a una ricerca del 2021, alcuni analisti di Barclays hanno identificato nell'esposizione del settore agricolo il “principale fattore decisivo” di rischio finanziario da carenza idrica, nonché il “più importante elemento di preoccupazione ambientale” per il settore globale dei beni di prima necessità. Secondo gli analisti di Barclays, il costo dell'inazione per questo settore potrebbe essere circa 18 volte più elevato del costo dell'azione. Il colosso del settore alimentare Unilever, il produttore di beni di consumo Colgate e l'azienda produttrice di prodotti per l'igiene Reckitt Benckiser sono stati segnalati tra le società più a rischio. I riferimenti a società sono a solo scopo illustrativo e non costituiscono una raccomandazione all'acquisto o alla vendita di titoli. |
Il coinvolgimento attivo degli investitori non è una goccia nell'oceano
Quando gli investitori si trovano a valutare come affrontare le società sulla questione dello stress idrico, crediamo che abbia senso incoraggiare i settori a rischio a strutturare il proprio approccio alla gestione delle risorse idriche intorno a tre pilastri: consumo idrico (disponibilità), inquinamento dell'acqua (qualità), ed equità di distribuzione (accesso).
La disponibilità d'acqua riguarda sia la scarsità fisica (carenza d'acqua a livello locale dovuta a fattori climatici o alla situazione ecologica) che la mancanza di infrastrutture idriche. L'adozione di un approccio specifico per l'area interessata che identifichi eventuali rischi legati alla disponibilità d'acqua e le relative cause potrebbe essere un sistema efficiente per orientare gli interventi societari rispetto alla gestione delle risorse idriche.
Il fatto di considerare le singole fasi del ciclo dell'acqua nelle sedi operative di un'azienda, includendo eventualmente il trattamento, il riciclo e la depurazione, oltre a contribuire all'ottimizzazione dei consumi, servirà anche a ridurre il volume di effluenti e, in generale, la contaminazione dell'acqua con sostanze inquinanti. A sua volta, il miglioramento qualitativo dell'acqua farebbe abbassare i costi e i rischi per la salute associati al consumo d'acqua da parte delle comunità locali, migliorando l'accesso all'acqua dolce pulita per tutti.
Crediamo che il coinvolgimento attivo degli investitori responsabili possa aiutare le aziende in ciascuna di queste fasi, con l'obiettivo di portare avanti attività economiche sostenibili e proficue che siano di supporto ai territori in cui operano, riducendo i rischi operativi. Le tabelle che seguono delineano una potenziale struttura di engagement in linea con i tre pilastri suggeriti, riportando gli indicatori di performance (KPI).
Pilastro 1- Consumo idrico
Esempi di quesiti pertinenti nel contesto di un dialogo attivo | Potenziali KPI da seguire |
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Pilastro 2 – Inquinamento idrico
Esempi di quesiti pertinenti nel contesto di un dialogo attivo | Potenziali KPI da seguire |
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Pilastro 3 - Accesso all'acqua
Esempi di quesiti pertinenti nel contesto di un dialogo attivo | Potenziali KPI da seguire |
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Fonte: Ricerca ESG proprietaria di AXA IM
Trasformazioni
Naturalmente, diverse aziende possono avere diversi livelli di preparazione e di maturità rispetto alla gestione delle risorse idriche. Questo vale specialmente per le entità che operano nei mercati emergenti. Le società che si stanno appena affacciando alla comprensione e alla gestione dello stress idrico potrebbero iniziare dalle seguenti attività:
- identificare perché l’acqua è una questione di primaria importanza per le loro attività e sedi operative;
- elaborare una mappatura dello stress idrico;
- misurare il proprio consumo idrico complessivo e la propria generazione di acque reflue.
Gran parte della responsabilità della gestione delle risorse idriche rientra nell’ambito di competenza delle autorità pubbliche, locali e internazionali, con particolare riferimento a infrastrutture a livello nazionale o internazionale (transfrontaliero) per la gestione delle risorse idriche in base alle circostanze locali e regionali. L’azione programmatica e normativa dei governi costituirà chiaramente un potente fattore di stimolo dei comportamenti delle imprese.
In ogni caso, lo stress idrico è un problema globale, che travalica i confini, e il settore privato, insieme a tutti i comparti industriali coinvolti, può giocare un ruolo per migliorare la situazione d’assieme, a più ampio beneficio di tutti gli investitori. Le società non possono soltanto contribuire a ridurre i consumi e la pressione dell’inquinamento sulle risorse idriche, possono anche portare avanti soluzioni innovative e di rottura nei rispettivi settori. Tra queste azioni possibili potrebbero figurare le seguenti:
- trasformare l’agricoltura riducendo l’eccessiva industrializzazione a favore di soluzioni alternative, locali, circolari ed ecologiche;
- introdurre soluzioni di sviluppo agricolo sostenibile (appezzamenti più piccoli e meglio gestiti, etc.), tecnologie intelligenti e sistemi di gestione dell’irrigazione (soluzioni satellitari e di altro tipo per individuare, per esempio, dove c’è carenza o spreco di acqua);
- lavorare sulla gestione della catena logistica – scegliere i fornitori nell’ottica dello sviluppo di approcci più sostenibili;
- rimboschire, disinquinare e tutelare– ripristinare il ripristinabile;
- sviluppare approcci di gestione delle risorse idriche in relazione a strategie ottimizzate di protezione per la biodiversità nel pianeta e per il capitale naturale in aggiunta a sforzi sostenuti contro il cambiamento climatico.
Siamo convinti che l’acqua possa offrire un focus chiaro agli investitori per cambiare in modo tangibile i comportamenti delle imprese. E siamo convinti che ciò si possa fare perseguendo risultati d’investimento sostenibili attraverso attente politiche di engagement e con un’approfondita ricerca di portafoglio, supportata da soggetti terzi esperti. Solo il 3% dell’acqua del pianeta è acqua dolce, ed è in gran parte bloccata sotto forma di ghiacciai o comunque non disponibile. In parole semplici, l'acqua non è una risorsa infinita; e continuerà ad essere percepita come tale solo se saremo capaci di gestire in modo efficace la sua circolazione nella natura, nelle nostre case e nei settori che dall’acqua dipendono.
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