L’impatto della crisi ucraina sul cambiamento climatico
Quale impatto ha la guerra sulla corsa al net zero
- L’invasione della Russia in Ucraina ha provocato un grande scombussolamento sui mercati energetici e ha accelerato l’ambizione dell’UE a ridurre la propria dipendenza dai combustibili fossili di provenienza russa.
- La Commissione europea intende accelerare i già ambiziosi piani di introduzione delle tecnologie rinnovabili, portando la velocità media di riduzione delle emissioni annue da -4,8% a -5,0%.
- Tuttavia, nutriamo qualche dubbio sulla capacità dell’Europa di voltare le spalle al gas russo alla velocità prevista e sui suoi piani di introduzione di tecnologie rinnovabili, in particolare l’eolico, in tempi rapidi. Ma anche se si riuscissero a rispettare i piani, a nostro avviso l'Europa resterà vulnerabile a eventuali interruzioni delle forniture di gas fino al 2024, o anche oltre.
- Il gas mancante sarà probabilmente compensato dalla capacità esistente di combustibili fossili, anche con un maggiore ricorso alle centrali a carbone. Ne potrebbe conseguire un aumento delle emissioni nel prossimo decennio, oltrepassando sia i valori previsti dal pacchetto “Fit for 55” che quelli suggeriti dal nuovo piano unionale.
- Gli anni settanta del secolo scorso hanno segnato un punto di svolta nell’intensità di petrolio. La crisi in atto potrebbe segnare un analogo punto di svolta sui mercati energetici, aprendo la strada a una serie di nuove tecnologie per ridurre le emissioni.
La guerra in Ucraina peserà sulla lotta al cambiamento climatico
Alla decisione della Russia di invadere l'Ucraina hanno indubbiamente contribuito vari fattori, tra i quali la considerazione che, data la dipendenza europea dai combustibili fossili russi - in particolare dal gas - eventuali sanzioni da parte dell’Occidente non sarebbero state molto severe. Tale convinzione era basata sulla considerazione dell’esiguità delle scorte di gas europee, delle forti pressioni inflazionistiche e del fatto che il piano d’azione europeo per il clima Fit for 55 (“Pronti per il 55%”) prevedeva una graduale riduzione delle importazioni di gas nel prossimo decennio, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra (GHG) del 55% sui livelli del 1990 entro il 2030. Tale analisi avrà suggerito che il relativo potere del gas russo in questo momento potrebbe ridursi nel tempo.
Ma, alla luce dei fatti, questi calcoli si dimostrano errati. Le sanzioni contro la Russia sono state più severe, molto più estese e più condivise di quanto molti si sarebbero aspettati. Per di più, in conseguenza dell’inevitabile aumento dei prezzi energetici – in particolare del gas naturale europeo – la Commissione europea ha proposto una ridefinizione ancora più rapida delle importazioni di gas per ridurre la dipendenza dell’Europa dalle forniture russe. L’Europa ha già bandito le importazioni di carbone dalla Russia, e ora sta valutando l’applicazione di sanzioni sulle importazioni di petrolio, e persino di gas.
Lo studio considera i piani dell’Europa per ridurre la propria dipendenza dal gas russo. Calcoliamo il probabile impatto sulle emissioni europee di GHG se le forniture di gas russo all’Europa dovessero cessare – imponendo il ricorso a combustibili sostitutivi, e più inquinanti, per colmare temporaneamente la capacità di generazione mancante. Tuttavia, nel medio periodo il passaggio accelerato a tecnologie di generazione da combustibili non fossili porterebbe con ogni probabilità a una più rapida riduzione delle emissioni. Passeremo quindi a un’analisi critica della plausibilità di questi assunti.
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