Giornata internazionale dei rifiuti elettronici: come rompere il ciclo?
In evidenza:
- La produzione mondiale di rifiuti elettronici è una valanga che cresce a ritmo incalzante, del peso di più di 53 milioni di tonnellate l'anno
- Il riciclaggio dei dispositivi elettronici obsoleti o inutilizzati potrebbe evitare l'esaurimento di risorse minerali preziose
- Gli investitori possono fare la loro parte, destinando capitali ad aziende che promuovono il riciclaggio e la riparazione
Viviamo in una società sempre più orientata all'usa e getta. Ci siamo ormai abituati al fast fashion, al fast food, tutto sempre disponibile a qualsiasi ora del giorno e della notte, con il solo clic di un pulsante. Il fenomeno riguarda anche gli smartphone. Ogni anno, alla data di lancio di un nuovo iPhone, si formano lunghe file di persone pronte ad acquistare il nuovo modello, anche se quello vecchio è ancora perfettamente funzionante. Per quanto ciò possa essere una fonte promettente di crescita infrasettoriale, è importante considerare le implicazioni etiche di questa logica dello spreco, e il costo dei crescenti danni e della perdita di risorse che potrebbe implicare se proseguisse incontrollata. Ma noi, come consumatori e investitori, cosa possiamo fare per migliorare la situazione?
E-Waste: un fenomeno moderno in crescita
La scoperta e l'acquisto di dispositivi elettronici di ultima generazione, che si tratti di uno smartphone o di un laptop, sono per lo più visti come un'esperienza positiva. La maggior parte di questi prodotti offre funzionalità migliorate: più lunga durata delle batterie, touchscreen più performanti, risoluzione ottimizzata, il tutto con peso e ingombro ridotti. Ma per rendere possibili queste innovazioni è sempre più cruciale il ruolo di una cinquantina di materie prime critiche, tra cui il litio, il cobalto e altre terre rare. Le implicazioni sono molte. Innanzitutto, la crescente domanda di dispositivi tecnologici porta con sé la necessità di incrementare l'offerta di queste materie prime, la cui capacità è però limitata. Secondariamente, la concentrazione di questi minerali in poche aree geografiche come la Cina e molti paesi africani pone un reale rischio geopolitico. In terzo luogo, l'estrazione di questi elementi ha un impatto sull'ambiente oltre che a livello di manodopera e di diritti umani. Ma la cosa più importante è che l’e-waste – generato da dispositivi elettrici ed elettronici inutilizzati, come cellulari, computer, cuffie e altri dispositivi – sta aumentando a ritmo incalzante. Ogni anno si producono 53 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici (equivalenti a 140 Empire State Building), mentre la quota mondiale di prodotti riciclati si limita al 20%.1 La maggior parte di questi rifiuti finisce in discarica o in inceneritori, provocando inquinamento, rischi per la salute dell'uomo e perdita di risorse esauribili preziose.
Attualmente il 74% della popolazione britannica ammette di gettare i rifiuti elettronici (inclusi cellulari, laptop, TV, computer e periferiche) nella raccolta indifferenziata, destinandoli alla discarica. Il WEEE Forum - il più grande centro di competenze mondiale per la gestione dei rifiuti di apparecchiature elettroniche ed elettriche – cerca di affrontare il problema indicendo ogni anno un ‘International E-Waste Day’.
Riciclare tutto!
Il focus dell'edizione 2022 dell'International E-Waste Day riguarda l'elettronica di consumo. Le Nazioni Unite stimano che nel 2019 sono state prodotte 22 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici di piccole dimensioni, pari al 40% del totale mondiale dell'e-waste. All'attuale tasso di crescita annuo del 3%, entro il 2030 si arriverà a 29 milioni di tonnellate. Per questo è importante sensibilizzare li consumatori, affinché agiscano a livello individuale, evitando di cambiare dispositivi ancora funzionanti, ma optando in prima battuta per la riparazione, e poi smaltendoli in modo corretto.
L'urgenza di affrontare il tema di questa enorme fonte di rifiuti e di inquinamento è sottolineata anche da associazioni ambientaliste che promuovono la sostenibilità, come il movimento Right to Repair. Il gruppo cerca di sensibilizzare i governi a proporre e approvare norme atte a impedire la costante generazione di rifiuti elettronici. Altre iniziative cercano di spingere le aziende a progettare prodotti facili da smontare, che consentano la sostituzione dei componenti chiave, o ad applicare un costo di riparazione inferiore al prezzo dei nuovi dispositivi. In questo senso, dal lato del consumatore è essenziale incoraggiare le aziende a trasformare le proprie prassi, dando la preferenza ai prodotti di quelle che si sono dotate delle più sostenibili, per ridurre al minimo indispensabile la produzione di rifiuti elettronici.
Ma l’azione non è soltanto appannaggio dei consumatori. Molte società possono giocare un ruolo importantissimo nella lotta all'e-waste. Recentemente il Financial Times ha denunciato il fatto che, ogni anno, le più grandi società tecnologiche, i gruppi bancari o i servizi di polizia distruggono milioni di dispositivi di archiviazione dati come i server (che vengono sostituiti o sottoposti ad upgrade ogni tre o cinque anni). Un importante deterrente al riciclo di questi dispositivi è il problema della sicurezza dei dati sensibili e il timore di fughe di dati, con conseguenti ripercussioni per il mancato rispetto delle norme vigenti. Ciò continua ad avvenire nonostante vi siano aziende, come Techbuyer, che riescono a cancellare i dati memorizzati nei dispositivi prima di rimuoverli dalla loro sede, per poi vendere i server a clienti che potranno fruirne ancora per diversi anni. La prassi di mandare al macero piuttosto che riutilizzare è deleteria non solo per le finanze di queste aziende, ma anche per l’ambiente.
Come possiamo contribuire a ridurre i rifiuti elettronici?
Se è ancora presto per aspettarsi un supporto a livello normativo sulla questione dell’e-waste, gli investitori possono indirizzare i propri capitali verso società impegnate nel riciclaggio sostenibile dei metalli preziosi. La stragrande maggioranza di queste aziende non è ancora presente nei listini di borsa, ma alcune di esse sono quotate e possono così essere incluse nei portafogli degli investitori azionari. Tra le aziende appartenenti a questo spazio figura ad esempio la canadese Li-Cycle, specializzata nel recupero di materiali dalle batterie a ioni di litio, per poi reintrodurli nella filiera. Anche il recupero di questo solo componente dei rifiuti elettronici può avere un impatto significativo sull’ambiente. Si stima i veicoli elettrici nel mondo possano arrivare a 600 milioni di unità entro il 2040, ed entro quella stessa data i circa 10 milioni di EV attualmente su strada dovrebbero arrivare a fine vita.2 Questo dato esprime l’urgente necessità di un processo più efficiente e sostenibile di recupero dei “rifiuti” generati dalle batterie. Li-Cycle ha sviluppato un processo di recupero delle batterie esauste altamente efficiente, in grado di recuperare fino al 95% di tutti i materiali che le compongono, evitando il conferimento di rifiuti in discarica. Le materie prime critiche di recupero, inclusi litio, cobalto e nickel, vengono poi vendute a diversi operatori lungo la filiera delle batterie. Nel momento in cui molte case automobilistiche puntano sulla produzione di modelli ibridi o elettrici, Li-Cycle è ben posizionata per trarre vantaggio dalla propria attività di recupero delle batterie a fronte di una domanda crescente e delle costanti difficoltà della catena di approvvigionamento.
Spiega Rich Kenney, Direttore Ricerca e Sostenibilità in Techbuyer: “Il punto di partenza sta nel comprendere il costo delle nostre decisioni, che si tratti di consumi o di dati. Ma anche piccole decisioni a livello individuale posso avere effetti macroscopici su tutto il nostro pianeta”.
Per saperne di più sull'International E-Waste Day, visita il sito https://weee-forum.org/iewd-about/
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