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Sostenibilità

Giovani e clima, la sostenibilità inizia a tavola per la “Gen Z”


Oltre la metà dei giovani vuole ridurre i consumi di carne, alcol e fast food per aumentare quelli di verdura e bistecche vegetali. Nel nome della “dieta sostenibile” non bada a spese. Ma resta ancora molta strada da fare, soprattutto in Paesi come gli Stati Uniti.

La sfida al climate change inizia a tavola. E pur con alcune apparenti contraddizioni, i “GenZer” (nati dal 1997) e i Millennials (nati tra il 1981 e il 1996) vogliono mangiare sostenibile, se necessario rinunciando agli alimenti più “inquinanti” come le carni rosse. Non solo: sono disposti a pagare di più per nutrirsi in modo sano ed ecologico, per esempio con “carne vegetale”, basata su ingredienti ricavati dal regno delle piante.

A confermarlo è una recente ricerca di Credit Suisse, basata su un sondaggio davvero “global” condotto su 10mila persone fra i 16 e i 40 anni provenienti da dieci Paesi, in parte sviluppati (Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia, Svizzera) e in parte emergenti (Cina, India, Brasile, Messico e Sudafrica).

 

Più verdura e meno cheeseburger

I risultati? Tra il 40% e il 50% del maxi-campione vuole ridurre i consumi di fast food, alcol e carne: il 55% degli intervistati è infatti convinto che hamburger e cheeseburger siano poco sostenibili, percentuale che scende al 40% per la carne e al 30% per i latticini.

Sei degli intervistati su dieci vogliono aumentare la quantità di verdura nella loro dieta. E non sono particolarmente affezionati alle bistecche: mangiano carne 3,8 giorni alla settimana, con Cina e India che abbassano la media e gli Stati Uniti (dove il 40% dei giovani la consuma tutti i giorni) che la alzano.

 

Fonte: University of Michigan - Center for Sustainable Systems

 

Stati Uniti maglia nera

Le differenze culturali però pesano, anche a prescindere dal grado di sviluppo dei singoli Paesi. Messico, Brasile e Svizzera sono particolarmente sensibili a diete sane e sostenibili, mentre gli Stati Uniti rappresentano ancora la maglia nera dell’alimentazione a basso impatto. In generale, comunque, i segmenti più istruiti della popolazione mangiano in modo più sano ed equilibrato a ogni latitudine.

 

Pago di più per mangiare sostenibile

Ma la vera sorpresa è che i giovani sono disposti a pagare fino al 9% in più per nutrirsi in modo salutare e sostenibile, in particolare - doppia sorpresa - nei Paesi in via di sviluppo. Del resto la crescita degli alimenti a base di proteine vegetali (come gli “hamburger plant-based”) è impressionante anche negli Stati Uniti: oltreoceano secondo l’ultimo report del Good Food Institute il giro d’affari del settore sfiora gli otto miliardi di dollari di valore, con 780 imprese attive. E a livello mondiale Bloomberg Intelligence stima che entro il 2030 questo mercato supererà i 162 miliardi di dollari (dai 29,4 miliardi del 2020)

 

 

L’importanza dell’educazione alimentare

La chiave per risolvere l’equazione tra cibo, salute e sostenibilità è una miglior educazione alimentare: ne sono convinti sei giovani su dieci secondo il maxisondaggio del Credit Suisse. E lo conferma anche un’altra indagine condotta da EIT Food sulla Gen Z: tre quarti dei giovanissimi chiedono migliori informazioni su una dieta sana e bilanciata che copra tutti i momenti della loro giornata, compreso lo snack a scuola.

Sempre il 75% del campione di Eit Food ritiene che i grandi marchi dell’alimentare debbano essere più trasparenti, e quasi otto “GenZer” su dieci vorrebbero un’etichettatura con informazioni chiare sulle modalità con le quali il cibo è stato processato. Inoltre, il 67% dei giovanissimi cerca lumi su alimenti e ricette sane su social media come TikTok o Instagram, anche se la stragrande maggioranza teme di finire preda di fake news.

In tutto questo il Covid-19 è stato un acceleratore: la pandemia ha aumentato la consapevolezza della necessità di un’alimentazione sana per quasi sei giovani su dieci. E anche i senior oggi mostrano una sorprendente attenzione per la sostenibilità.

 

Resta molto lavoro da fare

Ma non è tutto oro quel che luccica. Di strada da fare ne resta parecchia un po’ dappertutto, non solo negli Stati Uniti. In Italia, per esempio, una ricerca Ipsos per Fondazione Barilla, che ha coinvolto 800 giovani tra i 14 e i 27 anni, ha rivelato che solo il 40% dei “GenZer” ha messo a fuoco il concetto di sostenibilità e appena il 9% lo collega alla produzione di cibo e all’alimentazione. Solo un terzo dei giovani che conoscono la sostenibilità ritiene che il benessere del nostro pianeta dipenda anche da cosa mettiamo nel piatto.

Pure in Gran Bretagna le cose possono migliorare. Una recente ricerca condotta dall’Università di Birmingham ha scoperto che il 73% dei giovani delle West Midlands consuma più zuccheri dei 31 grammi giornalieri suggeriti (pari a sette cucchiaini di zucchero) e che il 31% mangia più carni trattate dei 58 grammi consigliati (quattro chicken nugget di McDonalds). Sette adolescenti britannici su dieci non arrivano a 100 grammi di frutta al giorno (una mela) e nove su dieci restano sotto i 200 grammi di verdure consigliate.

A tutt’altre latitudini un altro recente studio finanziato dalla National Research Foundation of Korea sottolinea il peso socioculturale di una cattiva dieta: tra i ventenni coreani, si alimentano male soprattutto quelli con un basso livello di istruzione o che vivono da soli.

 

I consigli del WWF

L’educazione ai consumi responsabili, insomma, è fondamentale. Proprio per questo concludiamo con i consigli d’oro del WWF per alimentarsi in modo sano e sostenibile. In primo luogo, bisogna incrementare la quota di verdura e frutta e diminuire quella di carne, i cui consumi sono aumentati del 500% tra il 1992 e il 2016. Non dimentichiamo che il solo settore dell’allevamento è responsabile del 15% dei gas serra prodotti a livello globale. In secondo luogo, bisogna aumentare la diversità dell’alimentazione: tre quarti della nostra dieta arriva da appena 12 piante e cinque specie animali. Attenzione anche all’origine del cibo che acquistiamo al supermercato (dovrebbe essere indicata in etichetta) e soprattutto agli sprechi: il 30% degli alimenti finisce nella spazzatura. Il WWF consiglia anche di usare poca plastica, mangiare frutta e verdura di stagione. E, perché no, di organizzare un proprio orto per un consumo davvero a chilometro - anzi a centimetro - zero.

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