Trump alla Casa Bianca: l’impatto delle nuove politiche
Gli economisti di AXA IM hanno respinto da mesi lo scenario di una recessione degli Stati Uniti, anche quando era condiviso da molti, mantenendo la loro posizione sulla resilienza dell’economia. I dati macro ci hanno dato pienamente ragione. Manteniamo la nostra previsione di una crescita solida anche per il 2025.
Alla luce del chiaro risultato delle elezioni, è sull’attualizzazione delle policy dei Repubblicani (tariffe, migrazione, allentamento fiscale, deregolamentazione) che si sposta ora l’incertezza sulle prospettive. Anche se presumiamo che molte di queste politiche richiederanno tempo per essere implementate, prevediamo alcuni aumenti delle tariffe, una limitazione dei flussi migratori e movimenti verso un pacchetto di allentamento fiscale nel corso del 2025.
Vi forniremo le nostre previsioni complete per il 2025 e il 2026 nell’Economic Outlook, che sarà pubblicato il 4 dicembre. Tuttavia, riteniamo che le tariffe e le restrizioni all’immigrazione siano shock dal lato dell’offerta, mentre l’allentamento fiscale sia un incentivo alla domanda. Ciò probabilmente vedrà una riaccelerazione dell’inflazione negli Stati Uniti, forse in modo netto a seconda della portata e del ritmo delle tariffe.
Crescita USA: solida nel 2025, più incerta nel 2026
In termini di crescita, a seconda della reazione dei mercati finanziari, prevediamo che l’attività statunitense rimarrà solida nel 2025, attenuandosi rispetto al robusto 2,8% previsto per il 2024, ma probabilmente rimanendo al di sopra del trend al 2,3% per il 2025. Tuttavia, ipotizzando un’ampia attuazione delle politiche di Donald Trump, ci aspettiamo di vedere ostacoli concreti alla crescita nel 2026. Riteniamo che l’aumento dell’inflazione limiterà lo spazio di manovra della Federal Reserve (Fed) per un allentamento della politica monetaria.
Nella crescente previsione di una vittoria di Trump (e alla luce di dati più solidi), i mercati avevano ridotto le aspettative per i tagli della Fed al 4,00% entro la fine del 2025 dal 3,00% dopo il taglio a sorpresa di 50 punti base della Fed a settembre. Infatti, mentre ci aspettiamo che la Fed proceda con tagli dello 0,25% nelle prossime riunioni (novembre e dicembre) al 4,50%, a marzo prevediamo solo un ulteriore taglio del tasso al 4,25%. Tuttavia, intravediamo il rischio di un marcato rallentamento della crescita, visto che la Fed riprenderà i tagli nel 2026.
Cautela sulle dinamiche geopolitche
Al di là di queste misure economiche, siamo anche cauti nei confronti di alcune dinamiche geopolitiche che incidono sui mercati finanziari e sulle prospettive economiche. Trump ha ripetutamente affermato che potrebbe risolvere l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel suo primo giorno. Temiamo che ciò rischi di costringere l’Ucraina ad una soluzione rimuovendo il sostegno militare. Ciò potrebbe avere implicazioni per gli sviluppi della sicurezza europea nel resto di questo decennio e avere un impatto sulla spesa per la difesa europea e sulle finanze pubbliche.
Inoltre, indipendentemente dalla portata delle misure, sembra chiaro che Trump aumenterà nuovamente le tensioni commerciali con la Cina, incidendo sulle loro già fragili prospettive economiche. Le autorità cinesi stanno contemporaneamente tenendo riunioni politiche con l’obiettivo di definire e annunciare una nuova gamma di misure di stimolo, in parte rispondendo alla nuova direzione della politica statunitense. Ma ciò potrebbe ulteriormente accentuare le tensioni geopolitiche, che negli ultimi anni erano leggermente migliorate.
Infine, il Medio Oriente si trova per ora in un delicato e difficile equilibrio e le dichiarazioni di Trump suggeriscono che questo equilibrio potrebbe cambiare in modo significativo. Non sappiamo dove si stabilizzerà l’equilibrio geopolitico in seguito, ma consideriamo i rischi associati al sentiment dei mercati finanziari.
Reazione dei mercati
Molti di questi sviluppi sembrano influenzare i mercati finanziari – e in effetti hanno sostenuto un ampio movimento verso i cosiddetti “Trump trades” nelle ultime settimane. Mentre le aspettative sui tassi d’interesse a breve termine sono rimaste poco cambiate, quelle per il tasso della Fed entro il prossimo settembre sono aumentate nelle ultime due settimane, e sono salite di 11 punti base rispetto alla mattina del 6 novembre, in linea con le preoccupazioni circa la possibilità di allentamento monetario della Fed.
Nella notte del risultato elettorale, i rendimenti dei titoli del Tesoro a 10 anni hanno registrato un aumento maggiore di 17 punti base al 4,44%, riflettendo anche un aumento delle aspettative di inflazione a lungo termine e forse considerando le preoccupazioni sulla sostenibilità fiscale a lungo termine.
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