Gerarchie piatte, assistenti AI e tanto brainstorming: così lavoreremo nel 2030
Tra pochi anni, il lavoro d’ufficio cambierà radicalmente. Tutta l’organizzazione sarà più agile, senza scrivanie assegnate o gerarchie verticali, improntata sul problem solving. Prevarrà il concetto del lavoro in piccoli gruppi e saremo assistiti da robot tipo Alexa e altri software che ci aiuteranno a gestire meglio la parte amministrativa del lavoro.
Tanto lavoro di gruppo, produttività aumentata grazie all’aiuto dell’intelligenza artificiale, niente scrivania e brainstorming continuo. Così uno studio di CBRE e Genesis immagina il mondo del lavoro nel 2030, in cui a dominare saranno organizzazioni distribuite su piccoli team globali, collegati da remoto e all’incessante ricerca di innovazione attraverso la condivisione continua di idee e progetti.
Lo stesso concetto di ufficio verrà drasticamente ripensato. Secondo il report le sedi aziendali resteranno, ma senza scrivanie assegnate. Si potrà lavorare da dove si vuole: dai salottini aziendali, dal bar, dalle postazioni disponibili o dalla zona relax della palestra. Le gerarchie diventeranno più orizzontali, basate sul concetto di condivisione e di responsabilità perché, come spiega lo studio, “il mondo del lavoro prospererà grazie a piccoli gruppi, non a dittatori”.
Tra robot, wellness e brainstorming
Tutti i lavoratori saranno affiancati da assistenti robot tipo Alexa, software di intelligenza artificiale in grado di organizzare l’agenda, gestire mail e messaggi, scrivere testi e presentazioni. In pratica delle segretarie personali sotto forma di bit, che ci faranno risparmiare un sacco di tempo aumentando non poco la nostra produttività. Quel che resta del tradizionale ufficio sarà costruito intorno al concetto di wellness: immerso nel verde, con aree relax, stanze dove riposare, cibo sano, musica. Un posto, insomma, in cui vale la pena fare un salto anche se si può lavorare da casa. Verrà dato enorme spazio alla condivisione di idee e progetti, grazie a processi di brainstorming inediti in grado di generare innovazione.
Sulla stessa lunghezza d’onda un’analisi di Gartner, che aggiunge come il rapporto di lavoro diventerà sempre più data driven: la tecnologia offre infatti l’opportunità di monitorare non solo la mera produttività ma anche il coinvolgimento del dipendente, il suo benessere e persino i bioritmi, suggerendo se necessario modifiche dell’organizzazione e dell’alimentazione. Anche perché nel mondo liquido del futuro lavoreremo sempre più seguendo le nostre passioni e i nostri ideali, non solo per soldi (che comunque restano un fattore importante). Le imprese innovative a caccia di talenti sono avvertite.
Una nuova divisione del lavoro
I nuovi workplace con gli assistenti robot di AI e i piccoli team orizzontali immaginati dai paper di CBRE-Genesis e di Gartner, del resto, sono strettamente legati all’evoluzione del mondo del lavoro descritta in tanti altri studi.
McKinsey, per esempio, in un famoso report spiega che sono tre le grandi famiglie di skills indispensabili per il futuro. La prima è rappresentata dalle abilità cognitive, che spaziano dal pensiero critico alla capacità di analisi. Poi c’è l’area delle skills socioemozionali: empatia, capacità di comunicare, flessibilità e soprattutto una predisposizione all’apprendimento continuo indispensabile in un mondo che cambia alla velocità della luce.
Infine abbiamo l’area delle competenze tecnologiche, dall’informatica all’analisi dei big data. La richiesta delle imprese di profili con abilità cognitive superiori come il pensiero critico, il problem solving, la creatività, l’active learning e il decision making crescerà a doppia cifra nei prossimi anni, anche perché si tratta di competenze non facilmente replicabili dall’intelligenza artificiale.
A emergere insomma è una nuova divisione del lavoro tra esseri umani, macchine e algoritmi, nota il World Economic Forum in un suo report: uno scenario in cui potrebbero scomparire 85 milioni di posti oggi esistenti ma emergerne altri 97 milioni di completamente nuovi. Tutto questo mentre la “finestra temporale” per procedere all’aggiornamento professionale (reskill e upskill) dei lavoratori dei settori a rischio robotizzazione è sempre più breve.
Fonte: McKinsey
Quattro scenari per il 2030
Sempre restando al lavoro che verrà, è molto suggestivo lo studio “Workforce of the Future” di PwC, che per il 2030 immagina quattro modelli alternativi, ciascuno battezzato con un colore. C’è il mondo Rosso, dove l’innovazione tecnologica permetterà alle microimprese di accedere a informazioni, talenti professionali e finanziamenti che un tempo erano patrimonio esclusivo delle grandi aziende.
Nel mondo Blu, invece, saranno le multinazionali a dominare, diventando sempre più grandi e potenti per proteggere i propri profitti. E mentre il mondo Verde sarà caratterizzato dall’attenzione alla sostenibilità e all’ambiente, quello Giallo vedrà l’avvento di lavoratori sempre più autonomi, flessibili e alla ricerca della realizzazione personale. Scenari in parte alternativi, anche se è possibile - anzi probabile - che il lavoro del futuro metterà assieme caratteristiche di tutti i “mondi” immaginati da PwC. Senza smettere di sorprenderci.
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