L’avvento delle megacittà: sette cose da sapere sui luoghi dove vivremo nel futuro
Cosmopolita, innovativa, iperconnessa: se ben gestita, la megalopoli del Terzo millennio diventerà un laboratorio di coesione sociale e benessere. Ma attenzione a diseguaglianze, inquinamento e climate change.
Il XXI secolo sarà quello delle megacittà: secondo uno studio redatto dall’Espas (European Strategy and Policy Analysis System) su incarico dell’Unione europea, entro il 2050 ben 2,5 miliardi di persone vivranno in agglomerati urbani. E se nel 1950 solo due città (New York e Tokyo) avevano una popolazione di oltre 10 milioni di cittadini, entro il 2025-2030 di megalopoli di queste dimensioni ce ne saranno almeno quaranta nel mondo, nelle quali abiteranno oltre 630 milioni di persone. E non si tratterà solo di sofisticate città occidentali: come rivela l’Onu nel suo World Cities Report, il 96% della crescita urbana si verificherà nelle regioni meno sviluppate dell’Estremo Oriente, dell’Asia Meridionale e dell’Africa, con tre soli Paesi (India, Cina e Nigeria) che “peseranno” per ben il 35% dell’urbanizzazione.
Le megacittà, ovvero gli agglomerati con oltre 10 milioni di abitanti, rappresenteranno la realtà sociale ed economica più dirompente del prossimo futuro. Se ben organizzate, diventeranno laboratori sociali in grado di forgiare nuove forme di appartenenza, di cittadinanza, di innovazione tecnologica e di crescita. Ma se gestite male, diventeranno i luoghi di polarizzazione delle disuguaglianze e delle tensioni sociali: terreno fertile per quel populismo che già oggi cresce anche per l’avversione verso le élite cosmopolite e globalizzate delle ricche megacittà.
Per capire più in profondità le megalopoli del futuro, vediamone in dettaglio sette tratti distintivi.
1. Una nuova identità
L’appartenenza a una megacity può rappresentare uno straordinario strumento di inclusione dei cittadini, immigrati inclusi, nel nome di una nuova identità cosmopolita. Un laboratorio di aggregazione centrato su comunità trasversali rispetto a quelle nazionali, in grado da una parte di sostituire le tradizionali strutture familiari ma dall’altra di combattere la frammentazione sociale e l’eccessivo individualismo. Le caratteristiche del “nuovo cittadino urbano”, secondo l’analisi dell’Espas, possono riassumersi in tre slogan: dalla proprietà all’utilizzo, dalla quantità alla qualità e dalla mobilità all’accessibilità.
2. Colossi dell’economia
La potenza economica delle megacittà è destinata a crescere in modo eccezionale. Nel prossimo decennio, sottolinea l’analisi redatta per l’Unione europea, da sole seicento città peseranno per il 60% del Pil mondiale. E le prime cento per importanza economica rappresenteranno più di un terzo del prodotto interno lordo globale. Ovviamente la potenza delle megacittà varia a seconda delle latitudini: negli Stati Uniti, per esempio, gli agglomerati di New York e Los Angeles rappresentano il secondo e il terzo maggiore polo al mondo in termini di Pil, così come i cluster urbani cinesi. Il World Economic Forum spiega che grandi piazze finanziarie del calibro di Londra, Tokyo e Seul continueranno a prosperare più delle megacittà nei Paesi emergenti. Ma l’urbanizzazione, se ben gestita, può rappresentare un potente motore di sviluppo e crescita anche in Africa, dove oggi sei persone su dieci vivono ancora nelle campagne. Tutto questo a patto che si investano enormi risorse finanziarie nella pianificazione urbana, nella governance e nella gestione delle nascenti megalopoli.
3. Investimenti massicci
Proprio per trasformarle in luoghi di integrazione economica e sociale, le megacittà hanno bisogno di soldi e di idee: di investimenti in infrastrutture, trasporti, digitalizzazione, istruzione, economia circolare e cybersicurezza. Come sottolinea il report dell’Onu, le megalopoli devono dotarsi di fonti stabili e sostenibili di finanziamento, tra le quali per esempio obbligazioni municipali “green” e partnership con società pubbliche e private.
4. Iperconnesse e innovative
Costruite sulla spina dorsale tecnologica delle fulminee connessioni 5G, le megacittà diventeranno degli incubatori di innovazione, dei laboratori “smart” nei quali il digitale sarà il driver di un miglioramento a tutto tondo della qualità della vita (dalla sanità alla mobilità, dal social housing alla sostenibilità e così via). Senza peraltro dimenticare che, come sottolinea l’analisi dell’Onu, la tecnologia è più efficace se accompagnata a innovazioni istituzionali e di governance, centrate sulle esigenze e le necessità dei cittadini. La partecipazione e il coinvolgimento della popolazione rappresentano quindi un tassello fondamentale per costruire le smart cities del futuro. Solo in questo modo si potranno creare centri urbani pronti a sperimentazioni avanzate e visionarie, spiega il report dell’Espas: ai confini con l’utopia.
5. Una nuova mappa geografica
Con il loro carico di innovazione e globalizzazione, le megalopoli del futuro tenderanno a diventare delle specie di grandi città-stato sempre meno legate ai Paesi che le ospitano: perderanno progressivamente le loro connotazioni nazionali per diventare global hub, un po’ alla Dubai. Questo processo farà anche aumentare il peso politico delle megacittà, con i sindaci e i city managers di questi grandi agglomerati urbani che diventeranno sempre più in grado di influenzare le scelte politiche nazionali.
6. I rischi delle megacities
Attenzione però, perché le megalopoli non rappresentano solo cluster di talenti, innovazione e benessere. I rischi non mancano: si chiamano degrado, inquinamento, disgregazione sociale e soprattutto diseguaglianze sempre più ampie, in grado di innescare pericolosi conflitti sociali. Lo stesso populismo, nota l’analisi dell’Espas, è stato in parte innescato dall’avversione culturale verso le grandi città e i loro valori cosmopoliti (pensiamo al voto dei “brexiter” in chiave anti-Londra).
7. La sfida del climate change
Last but not least, non va dimenticato che la maggior parte delle megacittà è vulnerabile ai disastri naturali: l’urbanizzazione infatti continuerà a concentrarsi nelle zone costiere (dove già si trovano i tre quarti delle megalopoli). Si calcola che l’aumento di tre gradi centigradi della temperatura terrestre potrebbe inondare aree urbane popolate da 275 milioni di persone. Ma anche su questo fronte ci aiuteranno innovazione e nuove tecnologie, magari sviluppate proprio nel cuore delle città del futuro.
Fonte: stime Onu
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