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Notizia shock: rendimenti obbligazionari di nuovo positivi!

  • 15 Luglio 2022 (7 min di lettura)

Il prezzo del titolo del Tesoro trentennale di riferimento è salito del 6,8% dal 14 giugno. E non è sceso neppure alla notizia della pubblicazione del dato sull’inflazione, che a giugno si è attestata al 9,1%, né in vista di un rialzo dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve di un buon punto percentuale previsto per il 27 luglio. I rendimenti obbligazionari a breve termine fanno meglio dell’inflazione! Quando il ciclo inflazionistico inizierà a rallentare, gli investitori potranno assistere più probabilmente a un aumento dei prezzi degli asset. Si tratta di aspettare e pazientare, nonché capire dove posizionarsi per cogliere il rialzo dei rendimenti reali positivi nel lungo termine. 

 

L’inflazione non ha ancora toccato il picco

L’inflazione dei prezzi al consumo negli Stati Uniti a giugno ha deluso chi si aspettava il picco del ciclo inflazionistico. L’inflazione complessiva annuale si è attestata al 9,1%, in aumento dall’8,6% a maggio. L’inflazione core negli Stati Uniti è stata del 5,9%, in calo rispetto al picco del 6,5% di marzo. La differenza naturalmente riguarda alimentari ed energia. I prezzi elevati di alimentari ed energia fanno salire l’inflazione ovunque (a giugno in Irlanda è stata del 9,6%, in Italia dell’8,5%). C’è qualche segnale positivo. I prezzi delle materie prime agricole sono scesi negli ultimi tre mesi a livello globale, mentre il prezzo del Brent è sceso al di sotto dei 100 dollari al barile dopo aver toccato quota 117 dollari a metà giugno. A seconda dell’impatto che la flessione dei prezzi delle commodity avrà sui prezzi al dettaglio dell’energia, della benzina e degli alimentari, c’è la possibilità che l’inflazione complessiva scenda nei prossimi due mesi.

 

Ovunque

Sarebbe sicuramente un fattore positivo, ma non metterebbe la parola fine a questa storia (in effetti, era già stato detto prima della pubblicazione dei dati recenti, che invece hanno sorpreso al rialzo!). L’inflazione si sta dimostrando più persistente del previsto e incide su tutti i comportamenti economici. L’aumento dei costi di materie prime, energia, trasporti e manodopera riduce i margini di utile delle aziende che, di fronte all’incremento dei costi, cercano di aumentare i prezzi di vendita. A livello politico, tali dinamiche si manifestano più facilmente nei beni che i consumatori acquistano più spesso, per cui sembra che il costo della vita stia salendo in modo incontrollato. D’altra parte, i lavoratori chiedono un aumento dei salari, e la linea dura di alcuni sindacati potrebbe generare una spirale salari-prezzi: “se i macchinisti vogliono un aumento dell’8%, perché non posso averlo anch’io?”

 

Effetto a breve o lungo termine sulla prosperità

Ci vorrà un po’ di tempo per far scendere l’inflazione. I funzionari delle banche centrali, incaricati di controllare l’inflazione, stanno aumentando i tassi di interesse per ridurre la domanda aggregata. Possono farlo perché il debito è talmente radicato nelle moderne economie che la maggior parte degli operatori economici deve dedicare parte del proprio flusso di cassa al pagamento degli interessi. Più è il reddito che serve per pagare gli interessi, meno sarà il denaro disponibile da spendere. La spesa scende, e la spesa di un cittadino è il reddito di un altro. L’alternativa per le autorità è di consentire un impatto sul reddito reale relativamente nel breve termine (il rallentamento della crescita della domanda aggregata con una conseguente perdita di posti di lavoro) oppure accettare che l’inflazione riduca il reddito reale nel lungo termine. Dunque meno reddito e ricchezza nell’immediato oppure meno prosperità nel più lungo periodo.

 

Il club dei 100

Per interrompere la spirale inflazionistica appare sempre più probabile la necessità di alzare i tassi di interesse in modo più aggressivo rispetto a quanto abbiamo visto finora. La banca centrale canadese questa settimana ha dato il via con un aumento dei tassi di interesse di 100 punti base. Tale intervento, abbinato ai dati sull’inflazione, ha fatto aumentare le aspettative del mercato che la Federal Reserve faccia lo stesso nell’incontro del 27 luglio. Il tasso sui fed fund salirebbe così al 2,75%. Con un altro rialzo a settembre si arriverebbe al picco del ciclo come previsto dalla maggior parte di analisti e operatori del mercato.

 

Cambia il comportamento

Un tasso di interesse del 3,5% farebbe rallentare l’economia americana. Il calo dei prezzi delle materie prime su scala globale dovrebbe frenare l’inflazione. È un po’ come arrampicarsi sugli specchi, ma l’aumento medio mensile del CPI core nel 2° trimestre del 2022 è stato inferiore a quello del 2° trimestre del 2021 (0,63% rispetto allo 0,8%). Generalmente nel 3° trimestre gli aumenti mensili dei prezzi sono inferiori. Prima devono però verificarsi diversi fattori, tra cui un calo dei prezzi degli immobili e dei costi di locazione, una riduzione effettiva del prezzo della benzina, aumenti dei prezzi al dettaglio più ragionevoli e meno carenze sul fronte dell’offerta globale. Ciò però porterebbe a un calo degli utili societari. Finora non sono stati pubblicati molti risultati del 2° trimestre ma le aziende dell’S&P 500, le poche nel settore industriale e dei beni voluttuari che lo hanno già fatto, mediamente non hanno rispettato le previsioni di utile.       

 

Come posizionarsi in vista del calo dell’inflazione

All’inizio del ciclo inflazionistico gli investitori dovrebbero avere in portafoglio materie prime e obbligazioni indicizzate all’inflazione. Nella fase finale del ciclo inflazionistico invece la situazione si complica. Le imprese che sono meno indebitate eviteranno le conseguenze peggiori del rialzo dei tassi di interesse. Le aziende con una quota di mercato solida in settori meno ciclici dovrebbero cavarsela meglio in termini di crescita dei ricavi e degli utili. Nel mercato azionario, le società migliori in termini di crescita dei ricavi e ROE hanno già assistito a una profonda correzione delle valutazioni al ribasso. Se il business model restasse robusto, dovrebbero fare meglio in un contesto caratterizzato da una crescita limitata. In generale, i prezzi degli asset subiscono una correzione negativa quando l’inflazione sale, dunque le aziende di qualità elevata, più convenienti e meno indebitate sono preferibili quando si avvicina la fine del ciclo inflazionistico. Potremmo non essere lontani.

 

Rendimenti obbligazionari in miglioramento

Per le obbligazioni, l’idea di un rialzo dei tassi di 100 p.b. non ha creato grande rumore. Il mercato obbligazionario da tempo crede che la Federal Reserve farà quanto necessario per far scendere l’inflazione. Si prevedono tagli dei tassi più avanti nel 2023 negli Stati Uniti, il che lascia anche presagire una recessione. I breakeven sono più bassi oggi rispetto al settembre dello scorso anno, di nuovo a livelli in linea con il target inflazionistico precedente della banca centrale americana. Il minimo dell’indice total return dei Treasury è ancora il livello raggiunto il 14 giugno e da allora il rendimento complessivo si è avvicinato al 3% (da annualizzare!). Credo che gli yield obbligazionari a 10 anni saranno più bassi entro la fine dell’anno, con l’inflazione core in calo verso il 4% e poi ancora più bassa nel 2023. Dal picco degli yield, l’indice Corporate Bond USA ha prodotto un rendimento del 2,5%, e anche il mercato high yield è stato pressoché invariato. Non è una buona notizia per il mercato obbligazionario, nell’ultimo mese, il reddito fisso di alta qualità sembra aver invertito la tendenza (titoli di Stato europei +4,7%, Gilt +2,4%, credito investment grade in euro +2,6%).

L’inflazione odierna ci dice cosa è accaduto ai prezzi durante l’ultimo anno. L’accelerazione che vediamo nell’inflazione ci dice che scenderà lentamente. Eppure ci sono elementi volatili, ed è importante vedere cosa accadrà ad alimentari ed energia. La fase in discesa del ciclo inflazionistico dovrebbe dare agli investitori qualche opportunità poiché scenderà il prezzo di molti asset (deflazione dei prezzi degli strumenti finanziari rispetto all’inflazione dei prezzi dei beni). Io mi concentrerò sulle obbligazioni a più lunga scadenza, sull’high yield USA (dove gli spread oltre quota 500 sono stati storicamente il segnale di un rendimento complessivo e relativo molto positivo, e in questo momento lo spread è di 550 p.b.), e sulle società di alta qualità con una crescita degli utili robusta. Ma soprattutto vi invito alla pazienza. L’edizione 2022 dello studio annuale Barclays Equity-Gilt è stata pubblicata questa settimana. I dati storici contenuti nello studio ci dicono che il rendimento reale è tendenzialmente positivo nel lungo termine. Il 2021 e 2022 sono molto probabilmente da considerare un’eccezione.

È un po’ che non parlo di calcio. Sono lieto dell’entusiasmo dell’Inghilterra per gli europei femminili. E mi fa ancora più piacere che il Manchester United abbia segnato quattro goal al Liverpool. Certo, era un’amichevole precampionato senza importanza, in un tour progettato per favorire le vendite di merchandising in Asia, ma dopo il risultato dell’anno scorso mi accontento anche di questo.

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