Turismo: boom di prenotazioni a luglio in Italia, grazie anche alla digitalizzazione
Per il turismo italiano il 2024 si preannuncia da boom. Le destinazioni classiche del Mediterraneo continuano ad attrarre interesse, con una crescita esponenziale della domanda per le mete italiane più amate, come Sardegna, Sicilia e Puglia.
Le previsioni dell’Istituto Demoskopika per questo luglio evidenziano un incremento dei flussi turistici nel nostro paese: in base alle prenotazioni, solo questo mese dovrebbero arrivare 18,2 milioni di turisti per un totale di 75,6 milioni di pernottamenti. Il turismo straniero è in crescita con poco meno di 10 milioni di presenze previste e la spesa turistica dovrebbe arrivare a 17,9 miliardi di euro.
Ma anche a livello globale, l’agenzia delle Nazioni Unite per la promozione di un turismo responsabile, sostenibile e universalmente accessibile (UNWTO) stima che il settore turistico quest’anno ritorni ai livelli pre-pandemia, con una stima iniziale di crescita del 2% rispetto ai livelli del 2019 (al netto di sorprese sul fronte economico o geopolitico).
Il fattore digitale
Questa avanzata del turismo, salvo sorprese, avrà un effetto traino sull’economia. Il World Travel & Tourist Council ha stimato che nel prossimo decennio il settore sarà in grado di creare otto milioni di nuovi posti di lavoro solo in Europa, grazie a una crescita media annua del 3,3% del giro d’affari che porterà quest’industria a un valore di 1,73 trilioni di euro.
Quanto all’Italia, nel 2023 il settore turistico ha immesso nell’economia 215 miliardi di euro, circa il 10,5% del totale output economico, generando circa 185,000 nuovi posti di lavoro, secondo un recente rapporto per paese del World Travel & Tourist Council.
Un fattore determinante, alla base del boom del turismo, è senz’altro la digitalizzazione del settore, spinto da siti web, app e social network.
Il turismo è stato uno dei settori pionieri del digitale, con la vendita online dei primi biglietti aerei e delle camere d’albergo a metà anni Novanta, il periodo eroico in cui vennero fondati futuri protagonisti del mercato come Booking, Expedia e Priceline. Già prima della pandemia l’industria del turismo era a trazione digitale, sia per la raccolta di informazioni che per gli acquisti. Il Covid ha portato a un ulteriore salto di qualità, conferendo ai colossi del settore un peso simile a quello di Facebook per i social o di Google per i motori di ricerca.
L’avvento delle grandi OTA
Ma facciamo un passo indietro. La seconda pelle digitale del settore turistico è nata quasi trent’anni fa, all’epoca della bolla internet, quando un manipolo di pionieristiche startup ha iniziato a riscrivere il tradizionale modello di business, già rivoluzionato dalla liberalizzazione dei cieli europei e dal conseguente decollo delle compagnie aeree low cost.
Il settore oggi è dominato da poche grandi OTA, Online Travel Agency, gli “imbuti” dove si concentrano le vendite: l’olandese Booking (poi acquistata dall’americana Priceline) e la statunitense Expedia (nata come divisione di Microsoft), ovvero i due colossi del settore alberghi, ma anche la più giovane AirBnb per gli affitti brevi e la cinese Trip.com, entrata tra le big mondiali dopo l’acquisizione di Skyscanner. Un oligopolio di giganti del tech che ha cambiato volto al settore, riscrivendo completamente la logica dei canali distributivi e costringendo attori tradizionali - come hotel e agenzie di viaggi - a ripensare da capo a piedi il loro business.
Qualche numero: ormai oltre il 40% del settore turistico mondiale è controllato dalle OTA, con più del 90% dei viaggiatori che si informano e acquistano sul web. E ben il 95% degli acquisti digitali passa attraverso pochi grandi gruppi, con i loro grappoli di società e siti della filiera integrata (che vanno dal noleggio auto alle assicurazioni e alle gite organizzate).
Fonte: Statista.
Vantaggi e svantaggi delle OTA
Ma quali sono i pro e i contro dell’oligopolio digitale del turismo? Innanzitutto, è molto difficile per nuovi attori inserirsi nel mercato: le grandi OTA dominano la domanda, grazie a enormi investimenti in marketing e advertising digitale (nel 2018 Booking ed Expedia assieme spesero oltre 10 miliardi di dollari in pubblicità, cifra superiore al Pil del Kosovo), ma controllano anche l’offerta, in virtù di legami consolidati con migliaia di strutture di ospitalità.
Quest’oligopolio di intermediazione, con le sue barriere all’ingresso, ha attirato l’attenzione della Commissione Ue. Bruxelles ha dato vita al “Digital Markets Act”, approvato di recente dal Parlamento europeo, che introduce norme più stringenti proprio per regolamentare il mercato digitale nel nome della protezione dei consumatori e della concorrenza tra piccole e grandi imprese. E tra i “gatekeeper”, ossia i grandi social network e marketplace da arginare, potrebbe finire anche il campione europeo Booking.
Bisogna però ammettere che, grazie al digitale e alle OTA, i consumatori oggi possono ottenere sistemazioni a un rapporto qualità-prezzo spesso migliore di quando internet non esisteva. Per gli hotel, invece, il rapporto con i colossi del web è agrodolce. Da una parte, è vero che marketplace come Booking o Expedia rappresentano una fonte regolare di prenotazioni senza grandi sforzi da parte delle strutture di accoglienza. E’ però anche vero che tutto questo avviene a caro prezzo, con commissioni che arrivano fino al 30% del valore della prenotazione. Non solo: il potere di questi intermediari digitali sta portando gli hotel a perdere il controllo della relazione con i clienti e del loro stesso brand, ormai in mano ai colossi turistici del web.
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