IA: più talenti neurodiversi per le aziende
Entro il 2027, il 25% delle aziende Fortune 500 recluterà attivamente persone con abilità neurodivergenti (caratterizzazione che include autismo, sindrome da deficit di attenzione o Adhd, dislessia) per migliorare le prestazioni aziendali. La previsione fa parte di un recente studio della società di ricerche Gartner in cui vengono presentati quelli che sono considerati i trend principali che caratterizzeranno il mondo dell’Intelligenza Artificiale (IA) per il 2024 e oltre.
Abilità cognitive particolari
Quali saranno quindi le “skill” che le aziende cercheranno maggiormente tra i lavoratori? A quanto pare un doppio filo lega il modo di operare dell’IA generativa e le specifiche abilità cognitive tipiche delle persone autistiche.
Infatti, la natura meticolosa del lavoro sull’IA si allinea bene con l’approccio orientato ai dettagli comunemente visto nei professionisti autistici. Ogni piccolo dettaglio può avere un impatto notevole sulle prestazioni complessive e sul successo della nuova tecnologia. Gli autistici, in particolare, hanno la tendenza a iperfocalizzarsi su quello che maggiormente li interessa.
Secondo gli esperti di Auticon, fornitore di servizi di consulenza per il business su come creare, sviluppare e migliorare i propri team e i processi inclusivi della neurodiversità, oltre all’attenzione meticolosa al dettaglio, le aziende cercheranno abilità di “pattern recognition” e “problem solving”.
Nel primo caso si tratta della capacità di identificare modelli e tendenze. Questa competenza – anch’essa presente in professionisti “neurodivergenti” – migliora la qualità dell’apprendimento automatico (machine learning) e dell’analisi dei dati, che sono fondamentali per l’IA e fanno molto affidamento sul riconoscimento dei modelli. Anche la capacità di risolvere problemi (problem solving) può rivelarsi essenziale per il lavoro con l’IA.
“La diversa elaborazione cognitiva che deriva dalla neurodiversità – si legge sul sito di Auticon – spesso supporta il pensiero innovativo e strategie di risoluzione dei problemi non convenzionali. Questo modo di pensare distinto può guidare lo sviluppo di soluzioni di intelligenza artificiale pionieristiche, come algoritmi unici e nuove tecniche di elaborazione dei dati”.
Infine, molte persone con autismo trovano conforto nella routine e sono abili nello svolgere lavori di qualità anche se ripetitivi, aspetto che trova risonanza nei processi spesso ripetitivi dell’IA.
Un ambiente di lavoro più inclusivo
Insomma, il mondo del business si rivolgerà a talenti in grado di vedere le cose da prospettive diverse. Non è un segreto che molte aziende fanno fatica a colmare il gap della domanda di lavoratori con determinate abilità.
Secondo il gruppo di recruitment globale Reed, l’IA può essere utilizzata per aumentare la produttività e promuovere un ambiente di lavoro più inclusivo ed egualitario per tutti.
Negli Stati Uniti, migliaia di lavoratori cosiddetti “neurodivergenti” sono alla ricerca di ruoli. Circa il 15-20% della popolazione è considerato neurodivergente, nel senso che il suo processo cognitivo funziona in modo diverso da quello che si aspetta la società. “Il termine neurodivergente si riferisce a persone con autismo, Adhd, dislessia, disprassia, discalculia, sindrome di Tourette o condizioni di salute mentale croniche come il disturbo bipolare e la schizofrenia”, si legge sul sito di Reed. “La promozione della neurodiversità e dell’inclusione ha dimostrato i vantaggi che può arrecare al business ed è responsabilità del datore di lavoro fornire un ambiente di lavoro dove il benessere di tutti i lavoratori è preso in considerazione”.
Il livello di disoccupazione per adulti neurodivergenti è intorno a picchi del 30-40%, secondo dati del Center for Neurodiversity and Employment Innovation dell’Università del Connecticut, negli Stati Uniti. Tre volte il tasso di disoccupazione per le persone con disabilità e otto volte quello per persone senza disabilità.
L’altra faccia della medaglia
L’impiego di un maggior numero di talenti cosiddetti “neurodivergenti” e la promozione di ambienti di lavoro più inclusivi sono senz’altro buone notizie sul fronte del massiccio impiego dell’intelligenza artificiale nel business. Ma c’è anche un’altra faccia della medaglia.
La sempre più ampia diffusione dell’IA e, in particolare, dell’IA generativa, secondo Gartner, aumenterà l’insicurezza dei talenti, facendo salire la partecipazione dei lavoratori ai sindacati (+1000% di qui al 2028).
Un sondaggio globale effettuato in collaborazione tra il gruppo svizzero Adecco e Oxford Economics mostra che il 41% dei dirigenti di alto livello intervistati si aspetta di impiegare meno persone nei prossimi cinque anni a causa della tecnologia. Il sondaggio ha interessato un campione di 2000 “executives” globali.
L’anno scorso gli economisti di Goldman Sachs avevano previsto la perdita o diminuzione a livello globale di circa 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno (principalmente lavori d’ufficio) per la diffusione dell’IA generativa.
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