La politica monetaria tra volatilità e incertezze: cosa aspettarsi per il 2025
BCE alla ricerca del tasso di interesse neutrale
Per quanto riguarda un possibile nuovo taglio da parte della Banca centrale europea previsto per la prossima settimana, vale la pena notare che un taglio di 25 punti base è già completamente prezzato dal mercato. Tuttavia, tra i membri del Consiglio direttivo della BCE vi sono alcuni falchi alla ricerca di ulteriori rassicurazioni prima di impegnarsi in un taglio dei tassi, pertanto l'unanimità è incerta. Inoltre, il Chief Economist Philip Lane ha recentemente sostenuto che il ritorno al target di inflazione non è ancora garantito e la politica monetaria potrebbe dover rimanere in territorio restrittivo. Dopo i tagli attesi per quest’anno e per il prossimo, ci si potrebbe chiedere se la politica monetaria rimarrà restrittiva o se si sarà spostata verso una posizione più neutrale. A nostro avviso, il Consiglio direttivo della BCE sembra mirare a una politica monetaria neutrale – che non stimola né frena la crescita economica – per tutto il 2025. La sfida sta nel fatto che né gli operatori di mercato né i banchieri centrali sanno esattamente dove si trovi attualmente il tasso di interesse neutrale. Il consensus suggerisce che sia al di sopra dei livelli degli ultimi anni, ma la sua posizione precisa – se il 2% o più – rimane sconosciuta. Per determinarlo si dovrà procedere per tentativi, abbassando i tassi e osservando la reazione dei dati per valutare l’entità necessaria dell’allentamento monetario.
L’impatto della Fed sui mercati globali
Per quanto riguarda le prospettive di politica monetaria globale dopo il discorso del Presidente della Fed Jerome Powell a Jackson Hole, è importante notare come le aspettative sui tassi d'interesse statunitensi basate sul mercato si siano leggermente ammorbidite in seguito all’intervento. Peraltro, queste erano già diminuite a inizio agosto, con la liquidazione delle posizioni di carry trade sullo yen e le turbolenze del mercato azionario. Le aspettative sui tassi per la fine del 2024 sono scese dal 4,9% al 4,2% tra il 2 luglio e il 2 agosto. Alcuni analisti ed economisti avevano, a mio avviso erroneamente, esortato la Federal Reserve a tagliare i tassi in un’azione straordinaria da implementare nel periodo fra due meeting, per alleviare lo stress dei mercati finanziari globali. Non è compito della Fed intervenire sui mercati esteri, ma piuttosto mantenere la stabilità dei prezzi e la piena occupazione negli Stati Uniti.
Anche se le decisioni della Fed potrebbero avere un impatto sulla Bce, non darei troppa importanza a ciò che fanno le altre banche centrali. La Banca centrale europea è impegnata nel suo percorso, una decisione coraggiosa per essere in anticipo sui tempi. Tuttavia, il tasso di cambio rimane importante: se fluttua in modo significativo, la stabilità potrebbe essere messa in discussione, innescando potenzialmente una reazione da parte della Bce.
Tornando agli eventi di inizio agosto, benché persistano timori che la Bank of Japan possa causare ulteriori turbolenze, è importante ricordare si è trattato di una perfetta combinazione di eccessiva assunzione di rischio, leva finanziaria e cambiamenti imprevisti nella politica monetaria: quindi la responsabilità non va attribuita solo alla decisione della BoJ. Riteniamo quindi che una parte significativa del carry trade dello yen sia stata annullata, rendendo il mercato meno sensibile a ulteriori cambiamenti di politica da parte del Giappone.
Le sfide dell’inflazione e gli shock esogeni
Tornando al tema del taglio dei tassi, le possibili difficoltà ventilate dalla BCE finora si sono dimostrate relativamente lievi, tuttavia restano alcune incertezze sul ritorno dell’inflazione verso il 2%. Negli ultimi mesi, abbiamo visto come gli effetti base stiano aumentando l’inflazione headline, le pressioni sui prezzi interni rimangono elevate e le dinamiche salariali, nonostante il recente contenimento, continuano a rappresentare un fattore sconosciuto. Inoltre, non si può ignorare la possibilità di nuovi shock esogeni, sia geopolitici sia di altra natura. Certo, in caso di uno shock esogeno una tantum la Banca Centrale Europea tenderà a guardare oltre la volatilità dei prezzi, tuttavia, l'esperienza recente ci ha insegnato che questi shock possono durare più a lungo e finiscono per influenzare le aspettative di inflazione e la percezione pubblica, rendendo necessaria un’azione della banca centrale per ancorare l’inflazione sul lungo termine.
Inoltre, sebbene alcuni ritengano che una politica monetaria così restrittiva possa riportare a un ambiente di inflazione eccessivamente bassa, non credo che ciò sia probabile. Il periodo di tassi ultra-bassi è stato determinato da circostanze straordinarie - derivanti dalla crisi finanziaria globale e dalla crisi del debito sovrano. L’Eurozona ha subito un doppio colpo, che ha richiesto il mantenimento di tassi reali negativi per stimolare la crescita. Senza questi fenomeni, e considerando gli elementi strutturali dell’inflazione, non vi è alcuna indicazione di un ritorno a un ambiente di tassi bassi nel lungo termine. Al contrario, con l’attuale frammentazione geopolitica, riteniamo che i tassi di interesse potrebbero essere leggermente più alti rispetto al passato, con un’inflazione più elevata e una maggiore volatilità.
La Bce si prepara alla revisione della sua strategia
Alla fine dell'estate, la Bce inizierà a valutare la revisione della sua strategia, con un dibattito approfondito su questioni che vanno oltre i rialzi o i tagli dei tassi e che potrebbero incidere significativamente sulla politica monetaria. Tale dibattito verterà su due pilastri fondamentali, ossia la potenziale definizione di regole per i futuri programmi di acquisto del debito, e la progettazione di piani d’azione contro i principali shock inflazionistici. Questi elementi sono cruciali, e rappresentano un'analisi essenziale per il futuro. La Banca centrale europea deve, infatti, stabilire delle regole per i suoi piani di acquisto del debito, il cui impiego, secondo studi recenti, ha avuto effetti collaterali. I relativi costi e benefici devono essere meglio compresi al fine di definire un quadro di riferimento che stabilisca quando utilizzarli o meno. Questo non significa abbandonare queste misure come parte della politica monetaria, ma che vanno valutate attentamente.
La sfida degli shock asimmetrici
Infine, per quanto riguarda gli shock inflazionistici, vale la pena sottolineare che le banche centrali hanno imparato alla perfezione come agire in caso di rimbalzo dell’inflazione guidato dalla domanda, ma hanno meno esperienza rispetto agli shock esogeni o determinati dall’offerta. In un mondo che è stato colpito da pandemie, guerre e crisi energetiche e alimentari, ciò richiede un'attenta considerazione. La sfida di questi shock è che sono asimmetrici: mentre l’inflazione aumenta, l’economia non cresce necessariamente, rendendo più difficile una reazione efficace da parte della politica monetaria.
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