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La Versione di Iggo

Tassi e obbligazioni

  • 03 Marzo 2023 (5 min di lettura)

Quando il ciclo di rialzi sarà concluso, la portata della stretta delle banche centrali risulterà considerevole. La tenuta dei dati economici alla luce degli aumenti dei tassi di interesse è sorprendente. Potrebbe essere un’illusione. Gli effetti della politica monetaria si manifestano spesso con ritardo. Negli Stati Uniti ci sono crescenti segnali di un rallentamento del credito e anche del mercato immobiliare. Col tempo, il costo per il servizio del debito mediamente salirà ancora. Le ripercussioni negative dipenderanno principalmente dall’inflazione e dagli interventi delle banche centrali. Il segnale che la fine del ciclo di stretta si sta avvicinando sarebbe accolto favorevolmente dai mercati. In previsione di nuovi rialzi, potrebbe essere più difficile esprimere ottimismo sulle valutazioni dei mercati azionari e obbligazionari.

 

Vi ricordate quando i tassi erano bassi?

La Federal Reserve ha già alzato i tassi di interesse di 450 punti base (p.b.). Il mercato in questo momento si aspetta nuovi rialzi per quasi 75 p.b. Secondo Bankrate.com, il tasso ipotecario fisso a 30 anni è salito mediamente dal 3% di fine 2021 al 7% odierno. I tassi sui commercial paper non finanziari a 90 giorni (che rappresentano il costo del debito a breve termine per il settore corporate) sono saliti di oltre 450 p.b. in poco più di un anno. I futuri mutuatari negli Stati Uniti si troveranno di fronte a tassi di interesse molto più alti, e non finisce qui. La Fed ha già detto chiaramente che continuerà ad alzare i tassi e li manterrà alti finché non registrerà un consistente calo dell’inflazione. Il rischio è una possibile recessione negli Stati Uniti, dato che l’aumento dei costi di finanziamento incide sulla domanda aggregata. E questo vale anche per l’Eurozona e il Regno Unito.

 

Allentamento del credito

Il ritardo con cui la stretta monetaria si riflette sulla crescita non è facile da prevedere, spesso ci vuole molto tempo. Sulla base dei dati storici, non sarebbe insolito che il peggio non fosse ancora arrivato in termini degli effetti della stretta. Ci sono già i segnali che gli aumenti dei tassi di interesse stanno funzionando. I dati della Fed indicano che la domanda di mutui ipotecari è diminuita molto. Sulla base dei dati sui prestiti locali, la domanda di mutui ipotecari è scesa al livello minimo dalla crisi finanziaria globale. Nello stesso rapporto (Senior Loan Officer Opinion Survey on Bank Lending Practices, gennaio 2023), i dati indicano una contrazione delle condizioni di credito bancario per tutti i tipi di credito (alle imprese e alle famiglie). Circa la metà di tutte le banche americane negli Stati Uniti segnala una contrazione delle condizioni di credito, un aumento degli spread sui prestiti rispetto al costo di finanziamento, ma anche un forte calo della domanda di prestiti commerciali e industriali. La stretta creditizia è iniziata e probabilmente peggiorerà.

 

Il mercato immobiliare

Il flusso dei nuovi crediti si sta affievolendo. L’aumento dei tassi scoraggia i nuovi prestiti, con ripercussioni su investimenti e consumi. La domanda di mutui ipotecari e l’attività sul mercato immobiliare sono diminuite. Il volume dei permessi per le nuove costruzioni è sceso del 30% dal picco della fine del 2021. Ciò significa che verranno costruite meno unità abitative, con implicazioni per gli investimenti residenziali aggregati, l’occupazione nel settore delle costruzioni e la domanda di beni durevoli correlati all’abitazione. Non è un disastro. La flessione dell’attività immobiliare, come evidenziato dai permessi abitativi e dalle nuove costruzioni, è relativamente contenuta finora in questo ciclo rispetto ai periodi precedenti. Tra il 2005 e il 2009 il numero di permessi è diminuito del 78%, alla fine degli anni ‘80 il calo è stato del 55%. Comunque i rialzi dei tassi gravano sul mercato immobiliare. I prezzi degli immobili hanno iniziato a scendere.

 

Il credito è sicuro?

Le prospettive positive per il credito come asset class sono in parte offuscate dal fatto che gli spread non riflettono i rischi economici perché gli effetti dei rialzi dei tassi di interesse non si sono ancora fatti sentire pienamente. L’aumento dei costi di finanziamento creerà ulteriore stress alle imprese e i rating verranno rivisti al ribasso, mentre il rischio di insolvenza nel mercato high yield aumenterà. Ciò, a sua volta, condurrà a un ampliamento degli spread di credito rispetto ai livelli attuali. L’ampliamento degli spread di credito porterà a rendimenti negativi per le obbligazioni societarie. La spread duration attuale nell’indice US Corporate Bond è di poco inferiore ai 7 anni, il che significa che un ampliamento degli spread di credito di 100 p.b. farebbe scendere i prezzi delle obbligazioni del 7%. Lo spread oggi è di 130 p.b., ma solo a ottobre era di 170 p.b. C’è il rischio di un nuovo ampliamento degli spread in caso di un rallentamento.

 

Famiglie meno ricche

Il rialzo dei tassi incide sul flusso di credito facendo alzare il costo del nuovo debito. Il vero problema per la crescita emergerà nel caso in cui i tassi restassero alti abbastanza a lungo da incidere sul costo del debito accumulato. Finora l’effetto è limitato. Negli Stati Uniti, i mutui ipotecari in genere sono a tasso fisso, pertanto i proprietari di una casa che hanno sottoscritto il mutuo prima di quest’anno non devono pagare una rata mensile più elevata. L’occupazione è a livelli record e la crescita dei salari è stata robusta. I consumatori inizierebbero però a sentire la crisi se il calo della domanda nel mercato immobiliare incidesse sui prezzi delle case, portando a una diminuzione della ricchezza delle famiglie. L’anno scorso la ricchezza stimata delle famiglie è scesa molto, in parte a causa delle perdite dei mercati azionari e obbligazionari, e ciò potrebbe continuare anche quest’anno. I mercati continueranno ad arrancare e i prezzi delle abitazioni probabilmente scenderanno.

 

E le imprese?

Per il settore corporate, l’aumento dei tassi fa diminuire la domanda di credito. I conti pubblici vengono resi noti con ritardo, tuttavia i dati mostrano che il settore corporate non finanziario era in buona forma nel 3° trimestre 2022. Gli interessi passivi netti in percentuale degli utili aziendali sono al minimo storico. Il rapporto di indebitamento rispetto agli utili societari è sceso costantemente dalla pandemia ed è ai livelli minimi degli ultimi 50 anni secondo i dati del rapporto della Fed sul flusso di fondi. Finora, gli effetti dell’inflazione sui margini e la normalizzazione della spesa in tecnologia preoccupano le aziende americane più dei costi di finanziamento.

 

Costo del debito in lento aumento

Nel mercato obbligazionario, la cedola media ponderata per i mutuatari investment grade USA è aumentata durante l’ultimo anno. Ma non di molto. Sulla base dell’indice ICE Bank of America US Corporate (banche escluse), la cedola media in questo momento è del 3,85%. L’anno scorso il minimo era del 3,65%. Sulla scorta della pandemia era del 4%. Per il mercato high yield, la cedola media sul debito esistente oggi è del 5,88%, in aumento rispetto al minimo del 5,67%. Dopo anni di tassi di interesse molto bassi in Europa, la cedola media per il debito investment grade in circolazione è solo dell’1,8%. Le cedole fisse che gli emittenti di obbligazioni societarie pagano sul debito non salgono quando le banche centrali alzano i tassi, il costo del debito aumenta solamente quando il mutuatario deve rifinanziare. Un emittente europeo di obbligazioni societarie oggi deve pagare in genere quasi il 4,5% sulla base del rendimento corrente dell’indice. In qualche caso, un aumento di tale portata dei costi di rifinanziamento metterà in difficoltà. Nel mercato high yield USA, gli emittenti con il rating più basso si trovano di fronte a un tasso di rifinanziamento che è pari al doppio rispetto al livello della cedola media sul debito esistente. Qualche investitore potrebbe pensare che uno yield del 14% che incorpora uno spread di credito di 1.000 p.b. per le obbligazioni con rating CCC basti a compensare il rischio delle società che non sono in grado di pagare interessi passivi così alti quando devono rifinanziare il debito in scadenza.

 

Il mercato è aperto

I tassi più alti faranno salire gradualmente il costo medio di finanziamento, per cui il pagamento degli interessi graverà molto sulle finanze aziendali. Potrebbero anche rendere più difficile il rifinanziamento del debito. Se consideriamo la portata delle nuove emissioni nei mercati obbligazionari negli Stati Uniti e in Europa finora nel 2023, non sembra però un grosso problema. Fino ad oggi le società hanno raccolto circa 363 miliardi di dollari attraverso l’emissione di obbligazioni societarie negli Stati Uniti, gli emittenti europei 90 miliardi di dollari.

 

Servizio del debito ancora gestibile

Le previsioni ribassiste sul credito e sulle azioni si basano sul fatto che le valutazioni odierne (spread e PE) non riflettono pienamente il rischio che l’aumento dei costi di finanziamento indebolisca alla fine la spesa e gli utili aziendali, incidendo inoltre sulla capacità di prendere denaro in prestito a tassi di interesse accessibili. È ragionevole, soprattutto perché non siamo ancora arrivati al picco dei tassi e l’opinione di consensus ora è che i tassi resteranno alti per un po’. Nello stesso tempo, il denominatore nel rapporto di servizio del debito resta solido. La crescita del reddito delle famiglie è correlata all’occupazione e ai salari. I ricavi delle aziende sono in calo ma in termini nominali restano robusti, mentre l’utile al lordo di interessi, imposte e ammortamenti (EBITDA) è ancora vicino al massimo record dell’S&P 500.

 

L’inflazione resta la preoccupazione principale

La fiducia degli investitori dipende, già da un po’, dalle dinamiche inflazionistiche che determineranno il picco dei tassi di interesse e per quanto tempo resteranno alti. Le notizie provenienti dall’Europa questa settimana non sono incoraggianti. Nell’Eurozona, l’inflazione dei prezzi al consumo è scesa leggermente all’8,5% nei dati preliminari di febbraio, dall’8,6% di gennaio, mentre l’inflazione core ha accelerato dal 5,3% al 5,6%. I mercati si aspettano dunque tassi terminali più elevati. Il tasso di interesse di riferimento della Banca Centrale Europea ora è previsto al 3,9%, la Fed al 5,5% circa. Più a lungo andrà avanti, più diventerà difficile per gli spread di credito e per i mercati azionari mantenersi sulle valutazioni attuali. 

 

Obbligazioni meno care

Tatticamente, le strategie a reddito fisso short duration restano interessanti in tale scenario. Come ho scritto la settimana scorsa, il credito però appare ragionevole in una prospettiva a più lungo termine. Il prezzo medio delle obbligazioni societarie è ancora inferiore alla pari. Gradualmente i prezzi nell’indice obbligazionario aumenteranno e ciò contribuirà a produrre rendimenti positivi. Se la recessione ci sarà, si tornerà a parlare di tagli ai tassi, il mercato li ha già scontati per il 2024. Un allentamento della politica monetaria attutirà l’inversione della curva dei rendimenti che continua a caratterizzare oggi i mercati del reddito fisso. Queste fasi del ciclo dei tassi sono positive per i rendimenti obbligazionari. Il repricing delle prospettive sui tassi a breve termine ha fatto salire gli yield obbligazionari a più lungo termine, il Treasury decennale di riferimento ha superato il 4% per la prima volta da novembre. Dissi allora che, dal punto di vista dei fondamentali a più lungo termine, il 4% è il valore equo. Vediamo se gli investitori fanno come lo scorso autunno e aumentano ancora l’esposizione in obbligazioni. Allora ci fu una finestra di un mese in cui si potevano incamerare yield superiori al 4%. Il mercato sta dando agli investitori obbligazionari un’altra opportunità. Non credo sia una cattiva idea ripeterlo. Il mercato obbligazionario potrebbe restare per un po’ tra il 3,5% e il 4% circa.

 

Un buon momento

Il Manchester United ha riscoperto come vincere quando è in svantaggio. È la mentalità delle squadre vincenti che mancava all’Old Trafford da un decennio. La mentalità vincente, l’uso efficiente della squadra e la leadership di Erik ten Hag hanno portato alla vittoria in quasi tutte, tranne due, delle 19 partite a Manchester. Ci aspettano sfide difficili, tra cui la partita fuori casa a Liverpool e altre due partite in Europa contro gli spagnoli. Ma in questo momento è difficile scommettere contro il Manchester United. Una è andata, ne mancano ancora tre.

(Fonte di dati sulla performance: Refinitiv Datastream)

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